Stralcio di un capolavoro assoluto dei nostri tempi, "L'uomo che cade" di Don De Lillo.
Imperdibile romanzo post 11 settembre, da leggere e da ricordare.
"Non era più una strada ma un mondo, un tempo e uno spazio di cenere in caduta e semioscurità. Camminava verso nord tra calcinacci e fango e c’erano persone che gli correvano accanto tenendosi asciugamani sul viso o giacche sulla testa. Avevano fazzoletti premuti sulle bocche. Avevano scarpe in mano, una donna gli corse accanto, una scarpa per mano. Correvano e cadevano, alcuni, confusi e sgraziati, fra i detriti che scendevano tutt’intorno, e qualcuno cercava rifugio sotto le automobili.
Nell’aria c’era ancora il boato, il tuono ritorto del crollo. Il mondo era questo, adesso. Fumo e cenere rotolavano per le strade e svoltavano angoli, esplodevano dagli angoli, sismiche ondate di fumo cariche di fogli di carta per ufficio in formati standard dai bordi taglienti, che planavano, guizzavano in avanti, oggetti soprannaturali nel sudario del mattino.
Lui indossava giacca e pantaloni e portava una valigetta. Aveva vetri fra i capelli e sul viso, capsule marmorizzate di sangue e luce. Superò un cartello, Breakfast Special, e altri gli sfrecciarono accanto, una corsa di vigili urbani e guardie private, con le mani premute sui calci delle pistole per tenerle ferme.
Dentro, dove avrebbe dovuto trovarsi, le cose erano distanti e immobili. Stava accadendo ovunque intorno a lui, un’automobile mezzo sepolta dai detriti, finestrini sfondati e rumori che fuoriuscivano, voci radiofoniche che sfioravano i calcinacci. Vide persone che correndo spargevano acqua, abiti e corpi infradiciati dai getti dei sistemi antincendio. C’erano scarpe abbandonate per strada, borsette e computer portatili, un uomo seduto sul marciapiede che tossiva sangue. Bicchieri di carta avanzavano rimbalzando in modi strani.
Il mondo era anche questo, sagome dentro finestre a trecento metri d’altezza, che cadevano nel vuoto, e tanfo di combustibile in fiamme, e lo squarcio costante delle sirene nell’aria. Il rumore si posava ovunque fuggissero, strati di suono che si raccoglievano intorno a loro, e lui se ne allontanava e vi entrava al tempo stesso.
Poi ci fu un’altra cosa, fuori da tutto questo, qualcosa che non c’entrava, su nel cielo. La osservò scendere. Dall’alto del fumo sbucò una camicia, una camicia che risalì e fluttuò nella poca luce, per poi di nuovo cadere, giù verso il fiume.
Correvano e si fermavano, alcuni di loro, continuando a ondeggiare, cercando di strappare fiato all’aria bollente, e poi le grida convulse di incredulità, e le bestemmie e le urla perdute, e le carte che si ammassavano nell’aria, contratti, curricula che volavano, frammenti integri di affari, veloci nel vento.
Continuò a camminare. Di quelli che correvano, alcuni si erano fermati, altri imboccavano vie laterali. C’era chi camminava all’indietro, lo sguardo fisso al centro di tutto, alle tante vite che laggiù si dibattevano, e le cose continuavano a cadere, oggetti bruciati che si trascinavano dietro scie di fuoco.
Vide due donne singhiozzare nella loro marcia al contrario, guardando al di là di lui, entrambe in calzoncini sportivi, il crollo riflesso nelle facce.
Vide membri del gruppo di tai chi del vicino parco, in piedi, con le mani tese grossomodo all’altezza del petto e i gomiti piegati, come se tutto questo, loro stessi inclusi, potesse essere collocato in uno stato di sospensione.
Qualcuno uscì da una tavola calda e cercò di porgergli una bottiglia d’acqua. Era una donna che indossava una mascherina antipolvere e un cappellino con la visiera, e ritrasse la bottiglia e svitò il tappo e quindi gliela tese di nuovo. Lui posò la valigetta per prenderla, a malapena conscio che non stava usando il braccio sinistro, che aveva dovuto posare la valigetta prima di poter prendere la bottiglia. Tre furgoni della polizia svoltarono e si precipitarono verso downtown, a sirene spiegate. Chiuse gli occhi e bevve, e sentì l’acqua scorrergli nel corpo trascinando giù con sé polvere e fuliggine. La donna lo stava fissando. Gli disse qualcosa che lui non sentì, quindi le restituì la bottiglia e raccolse la valigetta. Il lungo sorso d’acqua gli lasciò un retrogusto di sangue.
Riprese a camminare. Un carrello del supermercato giaceva immobile e vuoto. Dietro c’era una donna, girata verso di lui, con del nastro della polizia avvolto intorno alla testa e al viso, di quel nastro giallo con la scritta caution che delimita la scena di un delitto. I suoi occhi erano piccole increspature bianche nella mascherina sgargiante, e lei stringeva la maniglia del carrello e se ne stava lì, a guardare dentro il fumo.
Fece in tempo a udire il suono del secondo crollo. Attraversò Canal Street e cominciò a vedere le cose, per qualche motivo, in modo diverso. Non parevano pregnanti come al solito, le strade lastricate, i fabbricati in ghisa.
C’era una qualche mancanza cruciale nelle cose intorno a lui. Erano incompiute, per così dire. Erano inosservate, per così dire. Forse era quello l’aspetto che avevano le cose quando non c’era nessuno che le vedesse.
Udì il suono del secondo crollo, o lo avvertì nel tremore dell’aria, la torre nord che cadeva, uno sconcerto sommesso di voci in lontananza. La torre nord che crollava era lui.
Il cielo era più leggero, lì, e riusciva a respirare più facilmente. C’erano altri dietro di lui, migliaia, che andavano riempiendo la media distanza, una massa prossima a formarsi, gente che fuoriusciva dal fumo. Proseguì finché non dovette fermarsi. Lo investì rapida, la consapevolezza di non poter andare oltre.
Provò a dirsi che era vivo, ma era un’idea troppo oscura per riuscire a prendere corpo. Non c’erano taxi e il traffico in genere scarseggiava e allora apparve un vecchio furgoncino, una ditta elettrica di Long Island City, e gli si accostò e il conducente si sporse verso il finestrino dal lato del passeggero a esaminare ciò che stava vedendo, un uomo incrostato di cenere, di materia polverizzata, e gli chiese dove voleva andare. Fu solo una volta salito a bordo e chiusa la portiera che capì dov’era diretto fin dall’inizio."
(Stralcio del primo capitolo [Bill Lawton] de "L'uomo che cade" [Falling Man], Don De Lillo, 2008, ISBN 9788806188719)
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