mercoledì 14 settembre 2011

Un racconto di sbirri: Penultimo collegamento. Matteo Lincati a rapporto, Signore. - Prima parte.

Le belle giornate le riconosci solo nel pomeriggio. A volte basta poco. Non serve svegliarsi col piede giusto. Nemmeno azzeccare la tostatura del caffè. Capisci che una giornata è migliore delle altre quando ti squilla il cellulare. In base a chi ti chiama la giornata può essere una totale merda oppure meritevole di essere vissuta.
Ma una giornata per come cominci non sai come finirà.
Potresti perfino morire.

Arrivo a casa sua alle 14.30. Sono fresco.Sono pulito da almeno un paio di settimane. Pulito sul serio.
Citofono e intanto mi godo la vista sul piccolo cortile che si scorge dal cancello a sbarre di ferro. Un classico: sbirro fino alla scelta degli accessori della casa. Mi apre senza rispondere. Mi aspettava. Come minimo da un paio di ore. Me lo immagino a camminare avanti e indietro per casa bestemmiando come un contadinaccio.
Mi faccio strada da solo. Proprio un bel giardino. Mal curato ma comunque affascinante. Alcuni vedrebbero erbacce, io ci vedo della natura lasciata crescere. Mouse ci si divertirebbe un sacco da queste parti, tra radici e insetti vari.
La casa non è assolutamente niente male. Cazzo. Il giardino è abbastanza grande da farci una festa per trenta persone e sulla destra comincia la villa. Un piccolo porticato su cui si arrampica la scala che da sul piano superiore. Le pareti rovinate dal tempo aggiungono quel pizzico di romanticismo per rendere il tutto sufficientemente sopportabile. Tutto vorrebbe essere fatiscente, ma questa scarsa cura altro non è che l'amore che il proprietario prova per qualcosa da cui non vorrebbe mai staccarsi.


- Linka.
Spunta da sotto il porticato, dove sicuro ci sono la taverna, una vecchia cantina inutilizzata da almeno venti anni e una sala disposta al relax. Scommetto i polmoni che lì dentro c'è un polveroso tavolo da biliardo.
E scommetto che il Commissario ha una collezione di vini da goderne per il resto della propria vita.
- Matteo Lincati a rapporto, Signore. - Mi diverto un sacco a provocarlo. Mi metto perfino sull'attenti.
- Linka. Sei qua da qualche secondo e hai già rotto i coglioni.
Si avvicina. Come immaginavo. E' corroso dalle bestemmie. Non vede l'ora di cazziarmi come Dio comanda. Come tutte le ultime volte.
Prendiamo posto a un piccolo tavolino rotondo di legno. Ci sono solo due sedie. E so che non gliene sono mai servite altre.
- Scotch? Rum? Un paio di righe?
Mi stuzzica. Ma io sono un figlio di puttana. Amo dare delusioni.
- Due settimane, Commissario. Due settimane. Giuro. Se non ci crede può anche licenziarmi.
Non ride, ma gli occhi sorridono.
- Di cosa hai bisogno, Linka?
- Commissario. Ho bisogno solo di una bottiglia di vino e un paio di bicchieri. La stessa sua necessità. Rosso, se possibile.
- Vedi del pesce su questo tavolo?
E si allontana, nell'ombra che conduce nel locale che mi convinco essere la taverna.
C'è un sacco di silenzio da queste parti. E penso che una trentina di persone ci starebbero proprio bene qui. Butterei una piscina, di quelle gonfiabili, vicino a quella piccola quercia. E sul lato opposto ci vedrei bene la consolle. Il Commissario torna prima che mi infili in fantasie troppo spinte per il suo casto cortile.
Stappa il vino (un'annata incredibile, non oso immaginare che whiskey nasconda là dentro) e riempie i due bicchieri.
- Allora, è pronto?
- Domani lo consegno.
- Il domani tipico per gli esseri umani oppure quello considerato su Saturno?
- Hanno calendari da quelle parti?
- Cristo Santo Lincati!
E batte il pugno sul tavolo. A momenti si rovescia la più bella bottiglia di Barbera mai vista in vita mia.
- Ma ti rendi conto dei numeri da circo che sto facendo per coprirti?
- Per me? Mica sono uno dei tanti bastardi che lavorano in commissariato?
- E sarai l'ultimo se non la pianti di giocare al pirata!
Quanto devo a quest'uomo?
- Brindiamo?
Si placa giusto un secondo, si passa un fazzoletto sulla fronte e sospira.
- Sai chi c'è dopo la disciplinare? Gli affari interni. E quando entrano quelli sono cazzi amari. Anzi. Acidi. Lì nemmeno io posso coprirti il culo. Solo Dio lo può fare. E ho come l'impressione che tu a Dio non stia molto simpatico.
- Non sono qui per vincere il premio del "favorito al Padreterno".
- Ma stai per vincere quello di "idiota del secolo".
- Chi si ritira non vince.
E per la prima volta rimane in silenzio. Quello vero, quello introspettivo. Scosso. Sull'orlo dell'incazzatura più feroce. L'ultima volta che l'ho visto così me l'hanno raccontato. E io non ci credetti.
Il "Cosa?" è così urlato che penso l'abbia sentito anche la rossa che ho lasciato a casa. Non mi stupirei se i vicini chiamassero gli sbirri. Sarebbe fantastico, non trovate?
Tanto urla e bestemmia che le macchie sotto le ascelle si allargano coprendo l'intero tessuto della camicia. E' proprio ora di brindare.
Alzo il bicchiere.
- Alle cause perse.
Si asciuga di nuovo la fronte. Poi getta il fazzoletto per terra. In commissariato gira voce che per lui io sia come una specie di figlioccio. La cosa divertente è che è vero. La cosa vera è che è divertente. So di meritarmelo. Io sono il numero uno. Potrei ambire alla corona d'Inghilterra se mi ci mettessi. Solo che amo spassarmela. Amo essere sbirro e amo approfittare di questa posizione. E lui ha capito tutto questo fin dal primo giorno, quando feci il mio primo ritardo (giusto un quarto d'ora, il tempo sufficiente per meritarmi la ronda notturna per una settimana intera). Lo sento davvero vicino nonostante abbia fatto il possibile per non palesarlo. Ma nulla appare chiaro quanto un comportamento latente. Come quel coglione di ieri, preso a nascondersi e non accorgendosi di quanto fosse indiscreto. Solo che il Commissario non è un coglione. E' un cazzo di Commissario. Non fosse stato per lui sarei andato a genio solo alla Candiani, l'unica donna capace di reggere una bottiglia di vodka liscia senza sganciarmela facendomi passare per stupratore maniaco. Fu lei a stuprarmi. Una notte memorabile.
E io e il Commissario brindiamo.
E brindiamo di nuovo.
E brindiamo ancora.
E così altre due volte.
E una bottiglia è bella che finita.

(Continua.)

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