Galaxy 2/54, rivista su cui apparve Sentry. |
Vi riporto il testo originale e l'annessa traduzione.
Fredric Brown (1902-1972) |
Per dirne una, da un suo racconto, Arena, venne tratto l'episodio omonimo di Star Trek.
Sentry (1954).
He was wet and muddy and hungry and cold, and he was fifty thousand light-years from home.
A strange blue sun gave light and the gravity, twice what he was used to, made every movement difficult.
But in tens of thousands of years this part of war hadn't changed. The flyboys were fine with their sleek spaceships and their fancy weapons. When the chips are down, though, it was still the foot soldier, the infantry, that had to take the ground and hold it, foot by bloody foot. Like this damned planet of a star he'd never heard of until they'd landed him there. And now it was sacred ground because the aliens were there too. The aliens, the only other intelligent race in the Galaxy ... cruel, hideous and repulsive monsters.
Contact had been made with them near the center of the Galaxy, after the slow, difficult colonization of a dozen thousand planets; and it had been war at sight; they'd shot without even trying to negotiate, or to make peace. Now, planet by bitter planet, it was being fought out.
He was wet and muddy and hungry and cold, and the day was raw with a high wind that hurt his eyes. But the aliens were trying to infiltrate and every sentry post was vital.
He stayed alert, gun ready. Fifty thousand light-years from home, fighting on a strange world and wondering if he'd ever live to see home again.
And then he saw one of them crawling toward him. He drew a bead and fired. The alien made that strange horrible sound they all make, then lay still.
He shuddered at the sound and sight of the alien lying there. One ought to be able to get used to them after a while, but he'd never been able to. Such repulsive creatures they were, with only two arms and two legs, ghastly white skins and no scales.
- Fredric Brown
La Sentinella (1954)
Era bagnato fradicio e coperto di fango e aveva fame freddo ed era lontano 50mila anni-luce da casa.
Un sole straniero dava una gelida luce azzurra e la gravità doppia di quella cui era abituato, faceva d'ogni movimento un'agonia di fatica. Ma dopo decine di migliaia d'anni, quest'angolo di guerra non era cambiato. Era comodo per quelli dell'aviazione, con le loro astronavi tirate a lucido e le loro superarmi; ma quando si arriva al dunque, tocca ancora al soldato di terra, alla fanteria, prendere la posizione e tenerla, col sangue, palmo a palmo. Come questo fottuto pianeta di una stella mai sentita nominare finché non ce lo avevano mandato. E adesso era suolo sacro perché c'era arrivato anche il nemico. Il nemico, l'unica altra razza intelligente della galassia... crudeli schifosi, ripugnanti mostri. Il primo contatto era avvenuto vicino al centro della galassia, dopo la lenta e difficile colonizzazione di qualche migliaio di pianeti; ed era stata subito guerra; quelli avevano cominciato a sparare senza nemmeno tentare un accordo, una soluzione pacifica. E adesso, pianeta per pianeta, bisognava combattere, coi denti e con le unghie.
Era bagnato fradicio e coperto di fango e aveva fame, freddo e il giorno era livido e spazzato da un vento violento che gli faceva male agli occhi. Ma i nemici tentavano di infiltrarsi e ogni avamposto era vitale. Stava all'erta, il fucile pronto.
Lontano 50mila anni-luce dalla patria, a combattere su un mondo straniero e a chiedersi se ce l'avrebbe mai fatta a riportare a casa la pelle. E allora vide uno di loro strisciare verso di lui. Prese la mira e fece fuoco. Il nemico emise quel verso strano, agghiacciante, che tutti loro facevano, poi non si mosse più.
Il verso, la vista del cadavere lo fecero rabbrividire. Molti, col passare del tempo, s'erano abituati, non ci facevano più caso; ma lui no. Erano creature troppo schifose, con solo due braccia e due gambe, quella pelle d'un bianco nauseante e senza squame...
- Fredric Brown
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