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Blackout

(questa è la prima stesura, la seconda la trovate qui ) «Ci vediamo settimana prossima, controllate la bacheca che al massimo domani carico la dispensa di oggi. ». Raccoglie le sue cose e non c'è più nessuno, tutti sono già fuori dall'aula e in corridoio sento le voci che si avvicinano al fine settimana. Mi alzo e lo avvicino che sta ancora litigando col microfono, che non riesce a spegnere. Premo il tasto "off" che era nascosto sulla porzione di bacchetta che si ostinava a non controllare, mi guarda e mi ringrazia, rigido, stanco, voglioso quanto me di un po' di tranquillità. Si perquisisce che già sto cercando il pacchetto e quando mi chiede la sigaretta gliela sto già sventolando, l'invito migliore per fare quattro chiacchiere e poi tornare in qualsiasi posto che non sia questo. «A che anno...? ». «Fuori corso. », gli rispondo, secco, con un mezzo sorriso. Nessun preambolo, non serve.

Breakeven

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- E se tutto questo, tutto, non fosse che uno sbaglio. Un orrendo errore? - Quando è stata l'ultima volta che mi hai davvero guardato? Ti passo a prendere come al solito, sotto casa, dopo aver passato ore a casa intorpidito dai pensieri. Ho bevuto solo acqua e là fuori la pioggia ha smesso di tormentare la città. La mia vita ha preso per mano la giornata e solo adesso, quando scenderai, capisco che il limite è stato disintegrato. Scendi e la notte ti è amica. Io sono il nemico. Il peggiore dei nemici. La catena è rotta e non ci sarà nessun rumore in questo buio. Me ne andrò nel silenzio. Non è vero. Mentire è facile. Ancor più semplice è mentire a se stessi.

Kalokagathìa

Forse qualche secondo non è sufficiente per descriverlo. Forse qualche minuto non è sufficiente per emozionarsi. Certamente non basterebbe un'ora per rendersene conto. Eppure, se ricordo ancora come si fa, provo qualcosa, sento il cuore scivolare attraverso il corpo, sento il cervello tremare. Là, sotto le nuvole e sopra di noi, l'ultima aquila. Non ci sono dubbi. Meglio spegnere il rilevatore, per qualche attimo nessuno se ne accorgerà e al controllo dirò che qualcosa di polveroso ha fatto interferenza. E lei intanto vola. Lui però sta facendo fatica, probabilmente il processo è totalmente concluso.

E tu, non prenderesti una mia foto?

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Mi vedi papà? Sono io, sdraiato qui, bagnato dalla luna e nessuna lacrima. Ce la sto facendo, ho corso e mi sono buttato qua dopo un'ultima volta così lontana ma così fastidiosa. Ogni volta che spiccavo il volo quelle istantanee, quella spiaggia, quel letto, quel sorriso, quell'idea, mi riportavano giù. Non ho inseguito macchine, ho inseguito niente, spinto dagli occhi chiusi e dalle braccia spalancate e mi sono sdraiato senza inciampare. Che dici papà, sto crescendo? Posso rendere sue le mie foto? Le vorrà tenere? Posso smettere di ubriacarmi come facevi tu? Non ricordo per quanto ho corso, ma qui sdraiato sulla strada, sotto stelle e nebulose, nulla importa. Non ho dovuto inseguire alcuna macchina, ho seguito solo l'istinto agganciato ai miei occhi chiusi.

Sbam

«Devi aspettare qualche secondo. Poi puoi fare tutto quello che vuoi. ». Mi ascolta ma non mi guarda, presa com'è dal mio collo. E come biasimarla? Il nuovo dopobarba è davvero efficace e oggi sono particolarmente super. Sento le sue mani che con lentezza e perizia continuano a perlustrare la zona del basso ventre, alla ricerca del mio sesso. Gioca, scherza, si diverte. Il gatto col topo (metafora che mi mortifica). Il topo col gatto (metafora che mi inorgoglisce). La musica è alta e in casa la festa sta per decollare.

Religion

Da quanto stiamo camminando? Non ricordo nemmeno il momento in cui ho aperto gli occhi e qualcosa mi stritola il cuore, un filo d'acciaio, un cavo elettrico. Ogni tanto il buio si infila tra i nostri passi, quasi inciampiamo, e i lampioni si accendono quando ne hanno voglia. Ci guardiamo poco e non parliamo, ciò che conta è camminare insieme, è farmi accompagnare in questa passeggiata che lentamente capisco dove mi porterà. Siamo qui. La metropolitana che si butta sottoterra, il piccolo parco con le panchine scarabocchiate, l'istituto, il semaforo col pulsante. Nessuno.

A un centimetro dall'incubo

Finalmente il sole, la luce. Le mie pupille nascondono il buco per tornare marroni. Devo farmi una doccia. Devo mangiare. Devo guardare un film. Devo fare un paio di chiamate. Devo dormire. Almeno cinque ore, non chiedo tanto. Soltanto cinque ore. Il turno più lungo della mia vita, non finiva mai. Non ricordo nemmeno per quante ore sono rimasto chiuso in laboratorio.

Non fa freddo

Tre bicchieri di vino rosso, di quello buono, invecchiato fino al limite ed estratto da uve fin troppo mature. Una barzelletta sconcia. Risate. La radio è accesa e trasmette canzoni sconosciute. Nel cielo la luna brilla solenne, accarezzata da stelle che chissà da quanto tempo non sono più lì. Quanti siamo? L'ennesimo brindisi prolunga il divertimento di una serata che ha senso grazie alla nostra voglia di vivere. Un rumore. Qualcosa più di un rumore. Un rumore bagnato. Sta piovendo. Il diluvio investe ora il gazebo. L'estate... Godiamo della frescura che questa pioggia ci regala. I cavalli impazziscono nel maneggio e i cani scappano dal cortile senza abbaiare. Non fa più caldo. L'aria è secca, quasi tagliente. Ma non fa freddo, no. Pozzanghere porpora riempiono il prato. La densità aumenta. Queste macchie di colore sono mitragliate da un cielo che non ne ha mai abbastanza.

Riverbero

Per piacere ascoltami adesso senza più nasconderti. Incubi che strisciano, città che dorme, proiettili, il suono del ricordo. Guardami adesso senza più scappare. Sogni che si crepano, boschi che muoiono, bombe, il rumore dei tuoi passi. Voglio che tu senta. L'anima. Il cuore. Che le candele di questo tavolo si spengano, prima che il vento arrivi.

Un occhio verso l'universo

Perseo mi scruta dalla porta che è quasi chiusa. Oppure quasi aperta. È nascosto, cerca di farsi notare non facendosi vedere. Gli faccio un cenno e gli occhi gli si accendono. Entra in camera e scodinzola vistosamente. Lo guardo, gli sorrido e lui salta sul mio letto, per poi sdraiarsi con il muso sul mio petto. Mi guarda negli occhi. Lo accarezzo. Chiude gli occhi. Chiudo gli occhi. L'ennesima nottata da dimenticare.

Due idioti

La pausa pranzo è il momento che più aspetto quando mi capita il turno pomeridiano, soprattutto quando il mio compito è quello di sostituirmi a un semaforo che ha deciso di sconvolgere per qualche ora il già nevrotico traffico della città. Clacson, urla, bestemmie. E io lì. In mezzo all'incrocio ad allungare braccia e braccia per regolare il transito di macchine e macchine e macchine e macchine. Ma è il mio dovere. E godo nel svolgerlo. Il senso della giustizia che papà mi ha trasmesso non è sufficiente a spiegare la mia abnegazione per questo mestiere. Eppure stranamente il poliziotto della locale (la vecchia municipale) viene visto alla stregua di un frustrato perditempo, pronto a succhiare soldi ai "poveri" automobilisti già troppo stressati dai ritmi a cui il capufficio li sottopone. Fortunatamente oggi il semaforo che ha peccato di anarchia si trova vicino al parco in cui sono adesso, seduto sulla panchina a mangiare il mio bel panino con prosciutto cr...

La morte accidentale di Giovanni Sempronio

Giovanni Sempronio esce di casa verso le tre del pomeriggio, dopo un bel pranzetto costituito da un ottimo piatto di pasta panna e salmone. La mattinata è trascorsa come al solito. Dormendo. Giovanni è una guardia giurata e la notte l'ha passata nel suo ufficio, un loculo di quindici metri quadrati con otto monitor, una consolle pieni di tasti di dubbia funzione e il suo portatile. Stanotte ha guardato per la terza volta "Il paradiso può attendere", film del 1978 diretto da Beatty e Henry, remake del già fortunato "L'inafferabile signor Jordan", vincitore di due premi Oscar, regia di Alexander Hall. Il suo ufficio è all'interno di un cortile che si trova all'interno di un complesso di sei edifici che ospitano gli uffici di una nota ditta di indumenti, in particolare di uno stilista italiano. Non faremo nomi per non far torto agli altri. Ma non divaghiamo. Il lettore freme. Dicevamo. Pasta panna e salmone. Una telefonata a un amico ch...

Nelle mani di uno sconosciuto

- Qual è il premio? - Nessuno. Proprio nessuno. - Allora perché dovrei farlo? - Perchè sei tu. - Cosa trovo all'uscita? - Forse niente. Forse non vorrai uscire mai più. È giorno, di questo sono sicuro. Il sole picchia quasi verticalmente, la mia ombra è quasi in osmosi col mio corpo che la proietta per terra. Per cui dovrebbe essere l'ora di pranzo. Non ho fame. Appena sveglio difficilmente ho fame. Sono anni che salto la colazione per passare direttamente allo spuntino di metà mattinata, un caffè macchiato freddo e una brioche con crema di cioccolato, preferibilmente di pasticceria. Odio le brioches la cui farcitura è grande quanto una biglia e sfortunatamente la maggior parte dei bar le offre di questo tipo. Punto della situazione. Sono qua dentro da "x" giorni. Credo una settimana.

Un lungo minuto di delirio

Il potere della perversione ha precluso e proibito possibili patti, ponendo il passato come passante per un probabile peccato. Pensare porta piccoli pezzi di perdizione che portano a pesanti pulsioni di pazzia. Passione. Rimangono ricordi, ritornano rombi. La rottura rimane e reiette rovine rimbombano rumori che rintronano. Restare. Rosso. Ingerire idiozie ibernate e identiche. L'innocenza è l'icona idealizzata. Idra. Momenti mai mossi dal mare della memoria. Minacce e menzogne. Morire mestamente, malvolentieri, maltrattato. Mollare nel mezzo della meraviglia mescolando miraggi. Miopia. L'occasione odorava di opportunità. Un obiettivo osceno. Mi hai obbligato a occultare occhi e orecchie. L'odio ha offuscato oceani, da occidente a oriente.

Elefante

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Quattro. Voglio diventare qualcuno. Voglio insegnare. Non importa in quale università. Voglio insegnare. Questo conta. Sono iscritto al terzo anno di filosofia. L'università è la culla della conoscenza. Certe cose succedono solo nei film. Cinque. Sei. Sette. Con lei ho fatto l'amore per la prima volta. Mi manca. Ma adesso ci sei tu Michelle. Ieri abbiamo fatto l'amore. Per la prima volta. Io e te. Il tuo orgasmo lo sento ancora. Ti ho detto "ti amo". Che strana cosa poterlo dire. Che strano farlo. Non sarà l'ultima. Giuro. Otto. Nove. Dieci undici dodici tredici quattordici. Mamma e papà. Non vi deluderò. Quest'anno ho studiato poco, è vero. Ma giuro che mi impegno. Voglio insegnare. Diventare professore. Avere a che fare con gli studenti. Combattere e insegnare a combattere. Star loro vicino. Essere come John Keating. Cogli l'attimo, cogli la rosa quand'è il momento, perché, strano a dirsi, ognuno di noi in questa stanza u...

Aforisma: Essere innamorati

Quando si è innamorati di qualcuno, la cosa migliore da fare è cercare di conquistare la persona amata. La cosa peggiore è riuscirci.

Non c'è più tempo

Sola. Nessuno in giro. Una maledetta pietra. Due rose. Una bianca. Una rossa. - Che ci fai lì - si chiede, con gli occhi gonfi ma ormai aridi. Una settimana di pianti. Lei, da sola. Lui non c'è più. Lei partirà. - Dovevo dirti molte cose - un pianto isterico corrompe il silenzio del cimitero. Nessuno in giro.

La terza volta

Solchi nell'anima riempiti di desiderio appesantiscono il mio presente, mai leggero, mai stanco, mai pieno. Trascino il passato, zuppo di polvere, cenere mai spenta. Esso rotea non geloso di me. Il futuro, un vetro scuro da cui osservare la notte. Un passaggio. Un saluto. L'errore è l'infanzia della speranza. Il ricordo di un ritorno. Il ritorno di un ricordo. La fiamma è lì, mai doma, mai stanca, mai leggera, volteggia noncurante del mio soffio. Un desiderio matto. Una voglia matta.

Memoria

Le foto non rapiscono l'anima dei soggetti. Le foto rapiscono l'anima di coloro che le guardano. Che ore sono? le 13.10 e una manciata di secondi, esattamente otto in questo momento. Continuo a guardare quella foto e non riesco a non tuffarmi in quelle sensazioni. Qualsiasi cosa appartenga al passato, che abbia fatto bene o abbia fatto male, fa parte del nostro passato per cui fa parte del nostro presente e farà parte del nostro futuro. Lo so. Cazzo se lo so. Ma perché proprio adesso? Domanda sbagliata. Perchè ancora adesso? Mi sento come se mi avessero infilato di forza nella lavatrice dopo una cena da McDonald's e avessero acceso la centrifuga. Per la sesta volta. Per la diciassettesima. Cosa mi circonda? Nulla. Ancora questa foto tra le mani e nessuna risposta dal cielo. È bastato un click per rimettere le cose dov'erano prima, ovvero da nessuna parte. Tutta quella gente che mi aspetta. Nessuno ha la minima idea di che diavolo sta succedendo. Perchè s...

Senza petali

- Hai recuperato le munizioni? - Sì Signore. Questa volta non ci fottono. Vero Signore? Il Tenente non rispose immerso com'era nell'osservazione, con la speranza di individuare qualsiasi cosa che potesse ribaltare quella situazione di stallo che si protraeva ormai da ore. Tenere così tanto il binocolo sugli occhi gli aveva disegnato due piccoli cerchi color stanchezza sopra il naso, dandogli a tratti dei lineamenti quasi animaleschi. - Quanti anni hai? - Diciannove Signore. Il Tenente fece una smorfia con la bocca e con la sigaretta a penzoloni dalle labbra sembrò pensare Mio Dio. Quante ore? Quando finirà? Ce la faremo? Tornerò a casa? Rivedrò mia madre? La mia ragazza? Mi scappa la pipì. Cosa darei per una birra. Ho paura.

Meno di zero

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Mescolo esistenze non orientate. Dipendono indipendenze. Zingaro eterno, respiro onirico.

Volver

Un soffio. Un ricordo. Il peso dell'anima. Addormentarsi. E sperare, forse sognare. Il crepuscolo. Perdersi, forse piangere, forse ridere, forse rabbia. Un pugno al cuore. Il desiderio. Il sogno. Ricorrenza. Quanto tempo? Non ricordo. Pensare. Forse scommettere. Forse rassegnarsi. Forse perdersi. Le mie mani. Un dubbio. La paura. Un'idea. Dove sei? Dove sarai? Uno strappo. Forse uno squarcio. Forse tu. Sicuramente tu.

Uno di questi giorni

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Questa giornata la rimuoverò dalla mia memoria, cosa naturale per uno che soffre di amnesia, ma stavolta la malattia non c'entra. Dimenticherò questa giornata per il semplice fatto che non mi è successo niente. È semplicemente trascorsa. A parte il paziente con un fiore nel retto, niente di eccitante. Ma non posso certo dire che la mia sia una vita orrenda. C'è gente che se la passa peggio, come ad esempio il vecchio Sam, uno che passa le sue giornate alla ricerca di cacca. Secondo me ha bisogno di andare in terapia, non è normale un'inclinazione del genere. Appena finisco la doccia, mangio qualcosa e poi filo alla "Buca" da Jack e gli altri. Stasera gioco la finale di biliardo contro Giorgetto, il novellino.

Non sono più qui

Come gli amanti di Klimt, come gli amanti di Magritte. Se ci fosse uno spagnolo direbbe volver volver volver. Un urlo accecante mi sbrana le vene i polmoni. Dov'è? Dov'è? «Come Joel e Clementine. » «Come Bob e Charlotte. » «Mi hai rapito» mi dice. «Mi hai lasciato andare. Mi hai mandato via. Mi hai cancellato. » «Voglio darti delle risposte. » «Non voglio farti domande. Sono ancora in una situazione di breakeven. Ho i crampi allo stomaco solo a dirlo. » «Io... » «Zitta, non dire nulla. »

Disperato ubriaco stop

Il pensiero vola a cercarti le volte innumerevoli che ti vorrei parlare per dirti ogni cosa. Non so ancora quante lune, quanti soli, quante stelle, quante nuvole, dovranno scorrere. So solo che ti vorrei qua, far di te la mia musa, far di te il mio arrivo, darti il mio corpo, darti il mio sorriso, darti il mio orgasmo. Mi fermo e rido, mi muovo e sorrido. Il ricordo di quegli attimi mi segue e sorpassa ad ogni mio respiro e non capisco fin dove arriva la paura. Paura di cosa? La nostalgia è una puttana che si fa avanti quando ho finito i soldi per pagarla, per fare il pieno e pagare un motel. Eppure sono qui. Fradicio. A pensarti. Ad eccitarmi pensando a te. Ti voglio qui, con tutto il mio cuore, con tutta l'anima. Ti voglio. Semplicemente ti voglio. In questo momento. Giuro.

Il vento dell'ovest

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"Mi ricorderai quando il vento dell'ovest si alzerà sul tuo viso? Dimenticherai la gelosia del sole nel suo cielo?" Camminavano per i campi d'orzo, quelli che li avevano visti crescere, passo dopo passo, tenendoli per mano. Ci avevano corso, ci erano inciampati, ci avevano fumato le sigarette di papà. "Quella volta che a momenti bruciava tutto, ricordi?" Si erano dati il primo bacio, ci avevano fatto l'amore. "Era la prima volta." "Anche per me."

Pioggia a maggio

Un cerchio nel grano, separato dall'ignoto, eppur pensare a te. Cerchi nelle pozzanghere, pioggia che violenta la primavera. Non sei tornata. Il ricordo di me mi sfugge. Vacillo, ubriaco e stanco, per bar e incubi, errori e scuse, perdoni e... Così presto. Ci siamo persi. In un sogno. Maledizione.

Fai di me il tuo sogno

"Fai di me il tuo sogno" leggo sul mio blog. Mi accendo una sigaretta e comincio ad espellere cerchi di fumo dalla bocca, che si vanno ad infrangere sul monitor del mio portatile. Perché proprio a quest'ora? La domanda non è esatta. Chi è? Chi sei? È la prima volta che ti vedo. Non riesco minimamente a capire tu chi possa essere. La tipa che ho cercato di rimorchiare l'altro anno in zona colonne? No. Era col suo ragazzo. Ragazzo che io non ho mai visto per tutta la sera. La mia ex? Futile speranza. Ormai sono partito ed il continente ce l'ho alle spalle da almeno un paio di anni. Che dico. Non ricordo nemmeno. E lei non sarebbe in grado di farmi una sorpresa del genere. Altrimenti non sarebbe la mia ex. Vediamo. Pensa. Pensa. Pensa. Pensa. Zero. Non riesco proprio a capire. Cazzo.

Sangue

La scena più raccappricciante che abbia mai visto. Giuro. È lì davanti a me. Sdraiato sul letto ancora tutto vestito. Trapunta buttata per terra. E quel sangue. Su tutta la bocca. Su tutto il naso. Anche la barba ne è piena. Per non parlare della maglietta. La macchia sul petto ormai secca emana un odore acre da far vomitare. Che puzza. E pensare che l'avevo avvertito.

Ventiquattro ore

Un lampo che arriva e tutto tace. D'un tratto la scintilla si fa fuoco e le acque tornano calme. Nuvole senza spinta appaiono e giocano dando tepore all'anima. La mia anima. Un solo giorno per rimettere in discussione ciò che domani non so se ci sarà. Non ho paura. E vada come deve andare.

Avril

Il turno sta per finire e mi prendo l'ultimo di un'infinita serie di caffè. Sono a pezzi e non vedo l'ora di tornare a casa da Aria e Matteo che saranno due giorni che non li vedo. Ne approfitto per accendere il cellulare che mi erige il rapporto delle ultime tre ore: dodici mail ricevute, sei sms e quattro chiamate perse di cui le ultime di Aria. La chiamo. "Ehi dottore! Come stai?" "Bene grazie. Tu?" "Meglio perché ti sento. Chi ha vinto stanotte?" "Io per due a uno"

Che brutta fine

Morto. Eppure la giornata era cominciata così bene... Al suono della sveglia Eddie si lanciò fuori dal letto con l'energia di un sedicenne. Fece colazione e dopo una bella doccia si vestì a puntino per affrontare una bella dose di vita quotidiana. Prese la macchina ma giusto un secondo prima di accendere il quadro gli squillò il cellulare: era il dottor Brown.

Il grande sogno

"Come ti chiami?" "Tramonto. Tu?" "Alba. Che ci fai da queste parti?" "Ti aspettavo" Pioggia e un vecchio ma non troppo pezzo da teenager dei Roxette. L'ombra del giorno echeggia in tutti i corridoi e il calendario accademico avverte dell'imminente sessione di esami che va aprendosi.