venerdì 13 agosto 2010

Non fa freddo

Tre bicchieri di vino rosso, di quello buono, invecchiato fino al limite ed estratto da uve fin troppo mature.
Una barzelletta sconcia.
Risate.
La radio è accesa e trasmette canzoni sconosciute.
Nel cielo la luna brilla solenne, accarezzata da stelle che chissà da quanto tempo non sono più lì.
Quanti siamo?
L'ennesimo brindisi prolunga il divertimento di una serata che ha senso grazie alla nostra voglia di vivere.

Un rumore.
Qualcosa più di un rumore.
Un rumore bagnato.
Sta piovendo.

Il diluvio investe ora il gazebo.
L'estate...
Godiamo della frescura che questa pioggia ci regala.
I cavalli impazziscono nel maneggio e i cani scappano dal cortile senza abbaiare.
Non fa più caldo. L'aria è secca, quasi tagliente. Ma non fa freddo, no.
Pozzanghere porpora riempiono il prato. La densità aumenta. Queste macchie di colore sono mitragliate da un cielo che non ne ha mai abbastanza.

Un bicchiere di vino.
Nessuno trema, tutti hanno paura.

La pioggia è porpora.
Scherzo della natura o delirium tremens collettivo?
Risate. Facce perplesse. Nessuno parla, tutti si ascoltano.

Paura di cosa?

È pioggia.
Soltanto pioggia.
Porpora.
Non è cominciata la guerra atomica. È solo un dispetto del cielo, la burla di una natura che ogni tanto si concede lo sfizio di rompere la monotonia quotidiana.
Piove poco, a catinelle, diluvio, pioggia acida, tempesta, temporale estivo. Oggi vi mostro la pioggia porpora. Vi piace?

Non sappiamo.
Non lo sappiamo.
Forse non siamo pronti.
Forse siamo troppo intelligenti.

Uno sguardo verso lassù. Non c'è nemmeno una nuvola. Neanche una piccola piccola, di quelle che si notano solo dopo aver scrutato lo spazio per qualche ora.
Per cui: piove porpora e non ci sono nuvole che la stanno pisciando. Perfetto. Cosa c'era nel vino? Chi l'ha corretto? Chi ha letto il giornale oggi?
Le bottiglie sono vuote. Di cani e cavalli nemmeno più il respiro. Il gazebo è sorretto dal pantano.
Tutti vogliono scappare, nessuno si muove.

Dove sono le telecamere? Sicuro fosse solo marijuana? Sto sognando. Cosa sta succedendo?

Pioggia porpora.
Incessante.
L'aria è statica, nessun altro sbalzo di temperatura. Il recinto e il cascinale sono sempre gli stessi.
Chi ha spento le luci di casa?
Quanti siamo?
Hai visto un'ombra? Dentro il bagno? Al secondo piano?
Il prato è zuppo ma non si muove nonostante lo scrosciare di questa strana acqua sporca di fango e... porpora.
Una barzelletta sconcia?
Tra quanto smetterà?
Quando ha iniziato?

Il silenzio eterno.

Ha smesso di piovere.

Le luci di casa sono spente. Dentro, ombre e spiriti ammorbano i nostri pensieri continuamente.

Dov'è la luna?
Dove sono le stelle?

Là sopra è tutto nero.
Qua sotto è tutto porpora.

Sento battere il cuore di ognuno di voi. Sento battere il cuore della recinzione, della piscina, dei vassoi, delle vostre camicie, del bosco. Tutto è immerso in un delirio di nero e porpora senza precedenti. I piatti hanno smesso l'odore di carne e patate. Del vino neanche più l'ombratura sui bicchieri.
Siamo morti?
Una risata isterica.
Ti prego. Non piangere.
Ti ho detto di non piangere, cazzo!
Scusa.
Cosa facciamo? Tutti senza le scarpe, pieni di... qualcosa fino le caviglie.
Cosa ti ha sfiorato?
Non facciamoci prendere dal panico. Per piacere.

Nero.
Porpora.

Buio.
Candele spente, ma non sciolte.
Nessuno respira. Eppure siamo vivi.
Siamo vivi!
Ha smesso di piovere ma le pozzanghere sono sempre lì, a ricordare che tutto è successo sul serio.
Ma cosa è successo? Cazzo. Cos'è successo?
Cosa succederà? Deve succedere qualcosa?
Aliti scheletrici.

Lassù.

Una fila di luci rosse.
Una seconda fila di luci rosse.
E via, altre fila. Tutte rosse.
Il cielo non ha più natura. Il cielo è artificiale. Il cielo non è più come lo abbiamo sempre visto.

Cazzo!

Urla.
Grida.
Disperazione.
Che cos'è quell'affare?
Quanto è grosso quell'affare?

Corro. Senza voltarmi corro. Fuggo dall'impossibile. Schiaccio pozzanghere e insetti, le caviglie sono zuppe, cado, striscio, bevo roba porpora, la vomito, il cuore è squarciato, sento cose che corrono e non respirano, grida, dove sono arrivato?
Un botto, il ginocchio brucia. La recinzione. Scavalco e riprendo la corsa senza mai fermarmi.
Lassù.

Niente.
Tutto nero.

La luna.
Le stelle.

Mi metto in ginocchio e scoppio a piangere.
La vita. La paura. Le bestemmie. Le sigarette sono rimaste là.
Qualche ululato. Torno indietro.
Tutto è asciutto.

I cani abbaiano e li tranquillizzo. Il ginocchio non ha graffi.
Sono tutti là, seduti e tranquilli.

Mi siedo.
Un bicchiere di vino. Una barzelletta sconcia. Una risata.

Là sopra tutto tace.
Le candele sono accese.

Che cos'ho fatto ai pantaloni? Perchè?
Il jeans è aperto sul ginocchio.

Comincia a piovere.

Nessuno mi dica di che colore è la pozzanghera.

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