Lui la raggiunge sul balcone, si guarda intorno come se prima o poi possa spuntare qualcosa di interessante da osservare.
Lei lo guarda. Non ama la sua barba, pensa gli nasconda gli occhi che non smetterebbe mai di fissare. Lì dentro lei ci vede lui. Con tutto l’amore. Tutto il dolore. Tutta la paura. Tutta la speranza. E aspetta che smetta di osservare. Sa che vuole parlare. Lo conosce. E infatti sta zitta. Aspetta. Lo ha sempre fatto. Non perché sia una donna paziente, tutt’altro. Semplicemente sa che deve farlo.
Lui deve riordinare le idee, giusto qualche secondo. Riordinarle e poi mischiarle in un monologo che le potrebbe far male. Che lei non vorrebbe sentire. Ma deve ascoltarlo. E per farlo deve aspettare che lui smetta di fissare pezzi di città come fossero soprammobili senza valore.
Lui sta pensando. Lui sa che lei lo sta guardando. Fa il furtivo, gli serve a ostentare la sicurezza che in queste occasioni gli viene un po’ a mancare, soffocata dalla sua emotività. E così guarda gli altri balconi, i lampioni, le auto parcheggiate, il tizio in giro col cane, alcune finestre illuminate da una abat-jour. Un rito. Che lei ama. Perché lui lo compie quando vuole dimostrarle quanto valga. Quanto sia straordinario. E quanto gli importi che lei lo sappia. E che non se lo dimentichi mai.
Lui prende una sedia e si mette di fianco a lei.
Ora sono vicini.
Ora hanno voglia di fumare.
Ora si accendono una sigaretta.
Lei aspetta.
Lui fissa un punto sul muro del palazzo di fronte.
Lei aspetta. Potrebbe farlo per tutta la notte, per tutta la vita.
Lui si gira, butta fuori un po’ di fumo dal naso.
Lei per un attimo torna a vent’anni prima. In quegli occhi ci vede tutto l’amore, tutto il dolore, tutta la paura, tutta la speranza. Lei ci vede lui. Vorrebbe tanto commuoversi, ma ha smesso di piangere da tempo. Ha imparato a non farlo. Forse gli anni, forse la vita. Forse niente. Lei non lo fa più, punto.
Lui la guarda. Sta zitto.
Lui ha bisogno di una spinta. Che lei apra il canale in cui lui possa nuotare, farsi strada e uscirne da solo. È sempre stato così.
Anima e orgoglio hanno lo stesso peso. Lui sa che lei sa che lui sa. Ma entrambi fanno finta che lui l’abbia imparato da solo.
«Ricordi la prima sigaretta? Dico insieme».
La spinta.
«Tornavamo dalla Germania. Tu guidavi, mi passasti la tua sigaretta e mi chiedesti di accendertela».
«Ti avevo già visto farlo».
«Fu un bel momento».
«Fumare insieme? Avrei preferito condividere una liquirizia».
Lui e lei si sorridono.
Si guardano ed è la cosa più semplice del mondo. Più naturale. Si conoscono da sempre. E non smetteranno mai di farlo.
«Sei una donna fantastica».
«Grazie. E tu sei straordinario».
«Sei di parte».
«Anche tu».
La mezzanotte è passata da un pezzo. L’umidità comincia a far sudare e rendere appiccicosa ogni cosa. Ma chi se ne frega.
«Te lo meriteresti, lo sai?».
Lei si sente pungere. La domanda è come una zanzara.
«Non è il momento».
«Te lo meriteresti, davvero. Cazzo».
«Non è il momento».
«Se non lo fai commetteresti un crimine».
«Non esagerare».
«Dico davvero. Perché privarti della felicità che ti spetta di diritto?».
«Io sono felice. Solo che non è il momento».
«Sei felice e sai che non è il momento. Cristo Santo, dov’è la verità e dov’è la cazzata?».
«Hai bevuto?».
Lui si ferma. Ingoia il rospo. Non lo voleva offendere, lo sa. È la sua mania del cazzo di sdrammatizzare quando sente la pressione. Lui non deve urlare.
Uno. Due. Tre. Quattro. Cinque. Sei. Sette. Otto. Nove. Dieci.
Lei si è accorta di aver detto qualcosa di troppo. Ma sa che lui sa che lei sa. Non ha voluto istigarlo, nemmeno provocarlo. Le è solo scappato. A volte attaccare è più semplice che difendersi. Quindi aspetta.
Lui respira.
Lui riprende a parlare, come se nulla fosse accaduto. La cosa più naturale del mondo. È già successo e succederà ancora. Lo sanno. Sembra lo dimentichino, ma è solo per qualche attimo.
Si conoscono. E non smetteranno mai di farlo.
Continua.
Caro Guido, ti sei inerpicato su una strada difficile ed impegnativa, con tutti quei Lui e Lei, ma hai saputo renderla piana e, sopratutto, vera. Un bel colloquio fatto di tanti silenzi. Aspetto la seconda parte.
RispondiEliminaSolo un piccolo appunto: non esagerare con quei "lei sa che lui sa, ecc..."