mentre la città brucia
e tra quelle fiamme vedo salire l'alito cattivo
di chi non usa più il collutorio perché crede
che sia sufficiente lavarsi i denti
per stare bene.
Ora, non sono un divo,
non sono il vostro cazzo di eroe
pronto a morire in nome della giustizia.
Sul terrazzo dimentico di cosa sia il buon gusto
(c'è chi, analfabeta, lo chiama tempismo)
mi innaffio di vino neanche fossi
un nebulizzatore di ottima annata.
Ho appena intasato l'anima
e non trovo lo sturacessi che mi regalarono
quegli zii lontani quanto la Mongolia.
Le persone non hanno fretta.
Solo si svegliano troppo tardi.
Non ho idea di che cazzo abbiano combinato durante la notte.
Forse è l'invidia. Forse è la speranza.
Riesci a distinguere un fiocco di neve dall'altro?
Finisco in fretta.
Mentre la città si adagia sulle sue ceneri,
lenzuolo su un letto su cui non dormirà più nessuno.
Grido un vaffanculo
a quella volta che non feci a pugni per te.
E il silenzio mi abbraccia in una stretta così tremenda
che il rumore lascia spazio a ciò che rimane del suono
del sangue che scorre nelle mie vene.
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