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venerdì 18 gennaio 2013
Una serata durante gli anni '90.
Avevamo un paio di biglietti per il concerto, sembrava potesse accaderci nulla, sembrava di stare con la testa fuori dal finestrino di una macchina in corsa, sembravamo eterni. Sì, e voi altri chi cazzo siete? E per una volta lo sfizio di tirarcela ci prese sottobraccio, dama di compagnia gratuita, una vacanza dalle piazze di chi viveva la discoteca solo dal privè perché guai a mischiarsi con gente che non conosci. Erano passati due anni dall'ultima birra e avevamo gli stessi cappottoni scuri, bavero alzato, la nebbia dentro di chi se ne fotte della disoccupazione ma aspetta che se ne vada, beh, sta di fatto che mancava ancora un fottio al filaforum e ci accorgiamo che non ci siamo ancora presi niente da bere, che quello che avevamo comprato alla standa era finito, e lui con lo stesso raffreddore di quando ci siamo lasciati mi trascina dentro un bar qualsiasi dal nome qualsiasi. Una dietro l'altra ci scoliamo un paio di birre a testa e gli anni trascorsi io qui e lui chissà dove, a rincorrere desideri usa e getta tra puttane e amori totali e devastanti, e scopro quanto mi sia mancato capirlo e potermici riflettere. Io di me gli racconto poco e un cazzo, sono sempre rimasto nel mio studio con la tapparella mezza abbassata, un paio di macchine da scrivere, un bordello su cui appoggiare roba e un telefono che squilla quando non ci sono. Una sigaretta dietro l'altra ed entrambi abbiamo rischiato di diventare padri, entrambi siamo entrati in depressione, entrambi abbiamo deciso che era ora di farla finita, entrambi ci siamo aggrappati all'unica cosa per cui vale la pena vivere: la propria vita. Ed entrambi ci accorgiamo di quanto la nostra storicità sia sempre la stessa, solo con un chilo in più di anni a certificarne non tanto l'evoluzione ma il consolidamento. E di questo non ci dispiaciamo affatto. Usciamo ubriachi e abbracciati come due innamorati, c'è differenza?, ci incasiniamo a vicenda alternando nostalgie a puttanate, che a volte coincidono, sbalorditi da quanta vita abbiamo voglia di vivere, rispolverando promesse vecchie come il nostro alcoolismo sulla casa insieme, l'addio al celibato, le domeniche insieme, le vacanze insieme, mia figlia che si sposa con suo figlio e le nostre ceneri sparse nel cortile della nostra scuola superiore, quando incontrarsi era ancora romantico perfino tra amici. Il concerto è finito da un pezzo, tanto non ci saremmo arrivati vivi e comunque ce lo siamo dimenticato, chiamiamo un taxi ma sono solo auto che passano e non si accorgono di noi che intanto senza dircelo speriamo che non albeggi mai, e l'inchiesta, il fervore dei primi articoli, il magazine finito nel cesso nel vero senso della parola, forse quello è un taxi, non ci siamo ancora abituati all'idea che domani tutto sarà finito. Oh, cazzo. Arriviamo a casa mia, sbaglio un po' di volte la chiave e subito a ridere come quindici anni fa quando non persi la verginità perché mi ero fatto mezza bottiglia di vino per festeggiare l'evento incombente e ci impiegai un'ora buona prima di imbroccare la serratura, almeno qualcosa era entrato, finiamo per terra, rovesciati come libri e aperti come tali, e lui mi chiede che cazzo ci rimango da queste parti, gli rispondo per lo stesso cazzo di motivo per cui lui è tornato, e quando mi dice che non ne ha idea il cuore mi si annoda nel dubbio che forse non cresceremo mai, poi sciolgo tutto, sparo una cazzata delle mie, rimaniamo vestiti, crollasse il mondo da qua non ci alziamo, una serata spettacolare, senza fare nulla di così spettacolare, ma darei la vita per vivere una vita fatta di serate tutte così. Buonanotte.
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