che i miei dubbi vennero aggiustati dalla confusione.
Lì, sulla carta da parati messa da qualcuno che non aveva proprio le idee chiare,
c'era il quadro di una vagina violata da una cannuccia.
Rimasi perplesso, lo ammetto.
- Torno subito -
disse lei, entrando in cucina.
Quella raffigurazione mi aveva proprio scosso.
E di roba strana ne avevo vista nella mia vita.
Una volta andai con una che a letto
voleva la chiamassi "giraffa".
La cosa non era difficile, solo che non riuscivo a non ridere durante il coito:
lei si incazzò e prima ancora di arrivare al dunque
mi buttò fuori sul pianerottolo.
Più che una scopata, un safari interrotto.
Guardavo quel quadro cercando di interpretarlo.
Forse fu proprio quello l'errore.
Lei tornò, bicchieri sul vassoio,
mi servì e si sdraiò allungandosi sulle mie gambe.
La situazione era del tutto normale,
eppure mi sentivo nel posto sbagliato con la donna sbagliata nel momento sbagliato.
Che cazzo significava quella cannuccia?
Anzi. Chi cazzo poteva aver dipinto quel quadro?
E quella vagina: era la sua?
Certe cose preferisco scoprirle dopo, magari durante.
Insomma, chiacchierammo di cazzate, aria fritta, tipico di chi
ha una gran voglia di farlo e aspetta che l'altro faccia la mossa giusta,
solo che io ero nel posto sbagliato con la donna sbagliata nel momento sbagliato.
Come quella volta che mi trovai a parlare di uguaglianza
in Sudafrica con una di quelle che voleva Mandela in carcere
(non mi baciò nemmeno. Compresi).
All'ennesimo discorso futile sul colore delle tendine della doccia
mi liberai:
- Senti, ma quella è la tua vagina? -
Lei ci rimase un attimo. Prese fiato, dopo un sorso di drink:
- Quella? Ma sei pazzo? E' di mia madre.
Divenni ragazzino davanti al primo porno: spaventato e incuriosito.
Con un'erezione monumentale. Intimorita, ma monumentale.
- Ah. E chi l'ha dipinta?
- Che domande. Ma io naturalmente.
E lì l'erezione si fece incerta. Tra le gambe avevo un fucile di gomma.
- E' tutto fatto ad olio.
- Hai del talento.
La mia constatazione puzzava di circostanza sedici chilometri lontano.
Presi coraggio, il disagio era ormai calpestabile.
Non mi disturbava tanto che lei avesse raffigurato il posto da cui veniva
(c'è chi disegnerebbe la città, al massimo l'ospedale, ma vabbè...)
ma tanto quella cazzo di cannuccia.
- Io devo andare.
- Non vuoi scopare?
- Tanto, davvero, ma devo smaltire un'erezione.
- Mio padre era un alcoolizzato.
- Come?
- Quella cannuccia, dico. Mio padre, che Dio l'abbia in gloria, beveva come una spugna. E l'unico modo che mia madre aveva di averlo con sé era questo. Una cannuccia nella vagina. A volte la bagnava col cognac.
- Ah.
Non so come, ma glielo chiesi.
- Ci metteva anche il ghiaccio?
Lei si incazzò da morire. Si sentì tremendamente offesa.
- Sei un porco.
E mi cacciò fuori, minacciando di chiamare i carabinieri.
Non la vidi più.
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