venerdì 13 settembre 2013

Mood Indigo è troppo Gondry.

Il difetto principale di Mood Indigo è che nel film c'è troppo Gondry. E' comprensibile: l'opera di Boris Vian, su ammissione del regista francese, è quella che ha maggiormente condizionato la sua fantasia fin dalla prima lettura durante l'adolescenza. Bisogna però cercare di andare oltre. Il film è certamente personale (direi pure radicale) ma la storia raccontata viene soffocata da trovate stilistiche e visive (comunque alcune - poche - bellissime e c'è poco da fare: Gondry crea dei mondi spettacolari) che esasperano i colpi di genio già surreali dello scrittore. La regia è attenta ma non basta. Ed è un peccato: se Gondry avesse dato più peso ai personaggi e ai dialoghi a meno allo stop motion forse ne sarebbe venuto fuori qualcosa di più lineare, più in sintonia con la tetra e meglio riuscita seconda parte. Che però a causa delle vistose defezioni della prima (il primo quarto d'ora è un videoclip musicale alla Gondry però filmico senza playback) ne risente risultando troppo buia e angosciante (non che non mi piaccia, ma mi piace di più quando esprime qualcosa in più della mera disgrazia intrinseca alla vita umana). Si esce dal film con le ossa un po' rotte senza aver capito bene il messaggio dell'autore (comunque chiaro per chi conosce a memoria il romanzo da cui è tratto, in questo tanto di cappello a Gondry che non ha combinato pasticci rimescolandoselo a proprio piacimento).

(Vi scongiuro distributori: piantatela di storpiare i titoli dei film di Gondry cazzo!)

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