mercoledì 23 giugno 2010

La morte accidentale di Giovanni Sempronio

Giovanni Sempronio esce di casa verso le tre del pomeriggio, dopo un bel pranzetto costituito da un ottimo piatto di pasta panna e salmone. La mattinata è trascorsa come al solito. Dormendo.
Giovanni è una guardia giurata e la notte l'ha passata nel suo ufficio, un loculo di quindici metri quadrati con otto monitor, una consolle pieni di tasti di dubbia funzione e il suo portatile. Stanotte ha guardato per la terza volta "Il paradiso può attendere", film del 1978 diretto da Beatty e Henry, remake del già fortunato "L'inafferabile signor Jordan", vincitore di due premi Oscar, regia di Alexander Hall. Il suo ufficio è all'interno di un cortile che si trova all'interno di un complesso di sei edifici che ospitano gli uffici di una nota ditta di indumenti, in particolare di uno stilista italiano. Non faremo nomi per non far torto agli altri.
Ma non divaghiamo.
Il lettore freme.
Dicevamo.
Pasta panna e salmone. Una telefonata a un amico che non sentiva da un paio di giorni. Un caffè.
Avrebbe voluto riposare ma è dovuto uscire. Gielo ha imposto una cartolina marrone delle Poste Italiane.

C'è una raccomandata per lui nella sede centrale di Viale Sabotino. Una delle poche sedi in cui ha senso lavorare, dato che chiude alle 19. 00.
Giovanni soffre di forti emicranie, causate dai ritmi impossibili del suo lavoro. Deve dormire. Tra circa otto ore deve tornare a far la guardia a milioni di fogli, computer, documenti.
L'ufficio postale è aperto.
Entare richiede maestria, perché un'azienda di traslochi ha piantato camion con bracci telescopici e furgoni proprio davanti all'entrata. Prende il numero. P236. Si siede a aspetta senza problemi il suo turno. Il tabellone luminoso è fermo al P232, per cui non ci vorrà molto.
Già.
Su dieci sportelli quelli "attivi" sono quattro. E poi ci lamentiamo che in Italia c'è disoccupazione.
Giovanni si è portato American Psycho di Ellis, magari riesce a leggere un paio di pagine.

Legge un intero capitolo.
Deve ritirare una raccomandata. Un'operazione di quarantasei secondi.
Passano venti minuti.
Giovanni comincia un altro capitolo, lasciando così perdere i rumori e il caos intorno, tipici di un ufficio statale. Clienti ingrati che insultano gli impiegati per un nonnulla, impiegati insofferenti che ci fanno pesare il fatto che lavorano lì (ma chi ve l'ha chiesto?) eccetera eccetera.
Mezzora.
Giovanni non si lamenta. L'emicrania non è poi così forte dopotutto. Tempo per dormire ce n'è. Per fortuna domani è a riposo. Magari sarebbe andato al lago con la famiglia. Magari sarebbe in un parco a prendere il sole. Magari avrebbe finito di leggere il libro.
No. Domani dormirà. Perchè sono già le quattro meno dieci e deve ancora andare a fare la spesa e deve preparare la cena ai due bimbi che tra poco torneranno a casa.
Giovanni non si lamenta.
Ci sono cose peggiori al mondo, pensa.

P236. Momento di gloria. Tocca al signor Sempronio.
- Dovrei ritirare una raccomandata.
- Un attimo.
L'impiegata cerca per un paio di minuti nel cassetto degli arretrati, il cosiddetto archivio.
Giovanni aspetta. Sicuramente la troverà.
Altrimenti farà saltare in aria l'ufficio.
Giovanni scherza tra sè e sè.
- Speriamo non sia una multa.
L'impiegata non ride.
- Un documento.
La patente. Non c'è di chè.
- Una firma qui una firma qui e un'altra firma qui.
Grazie. Buona giornata.

Giovanni apre la busta.
All'interno c'è un foglietto piegato. Lo apre. È lungo circa venti centimetri e largo otto nove.

Volete sapere cosa c'è scritto?

Ma sì dai.

Il foglietto, anzi l'inchiostro del foglietto, dice al Signor Giovanni Sempronio che è tenuto a ritirare una raccomandata a suo carico presso "l'Ufficio Postale (mi raccomando la U e la P maiuscole) sito in via Bonghi 1, quale casa Casa Comunale decentrata, entro 30 giorni a partire da 23/06/2010. Milano, lì 22/06/2010. Il Messo Comunale (messo?), scarabocchio (ovvero lo firma del Messo Comunale)".

Giovanni ha voglia di incendiare un paio di vecchiette che sono sedute in attesa del loro turno. Giovanni ha voglia di sfasciare le vetrate dell'ufficio, anzi, dell'Ufficio, con un trattore. Giovanni ha voglia di sparare raffiche di mitra contro ogni cosa che respiri.
Via Bonghi.
Zona Ticinese.
Giovanni prima di andare via avvicina una Dirigente (crede) dell'Ufficio e con calma e sorridente le dice:
- Scusi, ma non facevate prima a mandarmi una notifica con scritto che devo andare direttamente in Via Bonghi?
- Come scusi?
La tizia guarda velocemente il foglietto di carta che Giovanni ha tra le mani. La tizia sorride. Povero scemo, sembra pensare.
- Infatti: qua se guarda bene, c'è il codice identificativo dell'Ufficio (mi raccomando la U maiuscola) di Zona Ticinese. Doveva andare lì.
Giovanni chiude gli occhi.
Giovanni prende un coltello e la squarta ridendo come un pazzo.
Giovanni apre gli occhi.
Sorride.
- Infatti: questo foglietto l'ho ritirato qua. A casa ho ricevuto una notifica per ritirare una raccomandata in questo Ufficio. E invece di ritirare una raccomandata mi trovo questo foglietto che mi ordina di andare in Via Bonghi. Per cui mi chiedo: non si faceva prima a mandarmi una lettera con scritto di andare direttamente là, in Via Bonghi, invece di passare anche da qua perdendo così un'ora di sonno o chissà cos'altro?
La tizia pensa e guarda il foglietto.
- Non dipende da noi. Mi dispiace. Adesso scusi ma c'è un'assemblea bla bla bla bla bla... comunque è fortunato. Oggi pomeriggio l'Ufficio di Ticinese è aperto fino alle 19. 00, in apertura straordinaria. Qua di fronte c'è il 29.

Nessun problema.
Giovanni esce dall'Ufficio. Lì c'è la fermata del tram.
Fa un caldo da panico. L'emicrania comincia a pulsare. Sono le quattro e mezza del pomeriggio. Il tram arriva.
Passano dieci minuti.
Il tram non arriva.
La banchina si riempie di gente che deve andare in zona Ticinese perché l'Ufficio di Sabotino sta chiudendo per un'assemblea bla bla bla.

Giovanni chiude gli occhi.
Si isola in un mondo tutto suo. Sogna di essere su un'isola di ghiaccio, su al Polo Nord. Un'isola senza Uffici Postali.
Giovanni in quei pochi secondi non sente le voci intorno. Uno strano rumore. Come di qualcosa che sta cadendo dall'alto.
Probabilmente un pianoforte.

Giovanni muore alla fermata del 29, schiacciato da un pianoforte a muro che si è staccato dal braccio telescopico del camion. Un trasloco. Un musicista. Il pianoforte non era ben legato.
La sua famiglia diventerà ricchissima.
L'assicurazione pagherà molto bene. Non si arriverà nemmeno al processo. Il musicista scriverà un'aria in sua memoria e parte delle royaltes saranno destinate alla Signora Sempronio e ai piccoli Emilio e Sebastiano.

Giovanni è appena uscito dal bar. Questa è la storia che ci ha raccontato. Io guardo Cobain e Marley. Anche loro non sanno se ridere o piangere.
Giovanni da queste parti è diventato famosissimo, più di Freddie e Jimy.
Però ancora un paio di domande girano da queste parti.
1) Cosa conteneva la raccomandata?
2) Giovanni sarebbe dei nostri se invece di andare lì fosse andato direttamente in Via Bonghi?

Domande che non avranno mai risposta.
Intanto Giovanni è sereno.
Qua in paradiso, se ti arriva una notifica del Padreterno ti mandiamo direttamente nell'Ufficio giusto.

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