domenica 9 maggio 2010

Fai di me il tuo sogno

"Fai di me il tuo sogno" leggo sul mio blog. Mi accendo una sigaretta e comincio ad espellere cerchi di fumo dalla bocca, che si vanno ad infrangere sul monitor del mio portatile.
Perché proprio a quest'ora? La domanda non è esatta. Chi è? Chi sei?
È la prima volta che ti vedo. Non riesco minimamente a capire tu chi possa essere. La tipa che ho cercato di rimorchiare l'altro anno in zona colonne? No. Era col suo ragazzo. Ragazzo che io non ho mai visto per tutta la sera.
La mia ex? Futile speranza. Ormai sono partito ed il continente ce l'ho alle spalle da almeno un paio di anni. Che dico. Non ricordo nemmeno. E lei non sarebbe in grado di farmi una sorpresa del genere. Altrimenti non sarebbe la mia ex. Vediamo. Pensa. Pensa. Pensa. Pensa. Zero. Non riesco proprio a capire.
Cazzo.

Non ne vengo assolutamente a capo ed intanto la gola reclama liquidi. Vado in cucina, apro il frigorifero ed estraggo la bottiglia di cola che aspetta solo di essere finita. Da almeno un mese. Vado pazzo per le bevande in origine gasate che col tempo perdono le proprie bollicine. Non ricordo nemmeno quando ho preso quest'abitudine. Nemmeno se me l'ha contagiata qualcuno. Forse Michele. Forse. Chissà come sta? Saranno sei anni che non lo sento. Cazzo dico. Minimo dieci.
Fa un caldo torrido. Pesante. Impossibile. Giro in mutande per casa eppure non riesco a trarre beneficio da questa nudità. Accartoccio la bottiglia, la butto nel cestino e getto un occhio fuori dal balcone.
Dio che spettacolo.
Non ci ho ancora fatto il callo a questa totalità di niente. Mi prudono le palle. Non posso far altro che darci una veloce grattata.
"Fai di me il tuo sogno" continua a penetrarmi il cervello come un'insegna luminosa di un casinò di Las Vegas. Va ad intermittenza. Chi sei? L'immagine del tuo profilo è la foto del Colosseo. Per cui. O sei una nostalgica oppure mi stai prendendo per il culo. Nessun altro dato nel tuo Myspace. Solo un lettore musicale da cui posso ascoltare qualche successo dei Led Zeppelin e Warren Zevon. E un pezzo di Bowie. Per il resto niente. Zero amici. Zero colore. Zero commenti. Gli ultimi cerchi si scontrano dilatandosi e perdendo di significato.
Mi sta venendo il nervoso. Non c'è cosa più fastidiosa che non sapere con chi hai a che fare. Eppure questo messaggio non è minaccioso, anzi. È una richiesta d'aiuto? È una richiesta d'attenzione? Mi vuoi scopare? Cosa vuoi? Potevi almeno lasciare un cazzo di contatto, no?
Ho voglia di sfasciare la scrivania. Comincio a battere le dita della mano destra sulla tastiera. A caso. Buyyvuyvuvucuccccyicviihviv. Sono le quattro del mattino. O di pomeriggio? Merda, senza il sole ormai è impossibile regolarsi. Non riesco a capire se devo fare merenda oppure se andare a dormire.
Che sia un codice da decifrare? Vediamo. Tre più due più due più due più tre più cinque: diciassette. Il totale delle lettere da diciassette. No. È un numero che non mi significa un beneamato. Forse è una sequenza. Ci sono tre parole di due lettere, due composte da tre e l'ultima composta da cinque, ovvero due più tre oppure tre più due. Vediamo come viene in inglese. Make me your dream. Il titolo di una canzone? Forse una dei Muse. No. È diversa. Non ricordo come ma sono sicuro che è diversa.
Faccio una ricerca su Google, vediamo cosa ne viene fuori. Niente. Più di un milione di risultati ma niente che corrisponda esattamente alla frase che ho inserito. Il Colosseo. È preso dalla facciata nord, quella che si affaccia sui Fori Imperiali. In tutto il suo splendore. In pieno giorno. Per cui una foto non recente.
Mi addormento.

Al mio risveglio mi accorgo di essermi addormentato abbracciato al computer, ormai spento. Chissà per quanto ho dormito. L'avevo messo in carica giusto una dozzina di ore fa.
Ho voglia di partire.
Questo lavoro mi sta uccidendo.
Ma devo resistere. Mancano solo quattro mesi alla fine della missione. Non ricordo nemmeno da quanti anni sono su questo pianeta. Cinque? Sei? Dieci? Maledetto buio. Maledetta solitudine. Ricordo solo il giorno del mio arrivo. La data l'ho cerchiata sul calendario col pennarello rosso che mi sono portato dietro. Ventidue dicembre duemiladodici.
Ormai da queste parti non è rimasto praticamente più nessuno. Pensare che si stanno estinguendo perché l'hanno scelto loro. A scuola mi avevano descritto gli umani come una razza di intelligenza pari alla nostra. Delusione. È bastata una profezia, una superstizione per portarli allo sterminio reciproco. Senza aspettare che succedesse davvero qualcosa. Io non li capisco. Gli unici territori da cui attingere ancora qualche dato sono il continente a sud dell'Europa, l'isola dei canguri e i pochi ghiacciai rimasti a nord e a sud di questo meraviglioso pianeta. Poveri idioti. Avevano tutto e se lo sono giocato. I pochi che sono rimasti li ammazzerei con le mie mani.
Voglio tornare a casa.
Però prima devo capire chi mi ha scritto quel messaggio.
Forse in giro c'è ancora qualcuno per cui è valsa la pena venire sulla Terra.

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