martedì 16 giugno 2020

4) E quell'uomo diventò una metropolitana.

Ero tranquillo e beato in metropolitana. Leggevo, studiavo, stavo attento. "Niente male", pensavo cercando di essere meno surreale possibile. La pandemia si sentiva ancora, ma nel vagone c'erano spazi ampi e la segnaletica adeguata. Con me c'era anche Franco (nome in codice di Franco). Eravamo ognuno per i fatti propri, quasi perfetti sconosciuti. Io su una panchina, lui su quella di fronte. Entrambi con il dovuto spazio intorno. Questa bellissima e noiosissima storia andò avanti per una dozzina di fermate, fino a quando, a Piola, calò il sipario del caos.
Entra un tizio.
E si siede a fianco a me. Sul posto vietato.
Segnaletica ovunque.
Ci sono altri posti liberi.
C'è una pandemia mondiale da più di tre mesi (tranne per alcune razze ovvero gli scettici, i cervelli arancioni, gli omonimi di alcuni cantanti, Hugh Jackman, l'imbecillità umana e Salvini quando incontra o diventa una delle suddette razze).
Distanza sociale obbligatoria.
No contatto fisico. No prossimità.
No.
Questo si siede a fianco a me.
Franco mi guardò, pronto a intervenire ma inebetito.
Pensai fosse Salvini. Invece il tizio era un uomo di circa quarant'anni, ben vestito, volto curato, bella mascherina alla moda. Occhiali da sole. Io mi alzo come una molla ma non riesco a dire nulla. Forse si è solo distratto? Forse studia il vaccino? Forse è nato oggi già adulto? Deve avere un buon motivo.
Allora lo guardai un attimo, ricambiato incredibilmente allo stesso modo. Aveva lo sguardo di una mantide. Sembrava che anche lui si stesse chiedendo cosa avessi da guardare. Mi spostai, mi allontanai. Autostop, sorrisi, saluti. Lui prese il mio posto. Per un attimo mi sembrò una tattica perfetta (e perversa) per fottermi il posto. Mi sentii preso in giro. Franco mi seguì, sempre in silenzio. Provammo a dirci qualcosa, quando all'improvviso quel tizio tizio divenne una specie di blob e cominciò a prendere posto vicino anche agli altri passeggeri. Questa melma marrone/verde/blu scivolò in giro per il vagone e occupò tutti i posti vuoti e vietati. La cosa incredibile fu che a nessuno sembrava importare qualcosa, a parte un paio di ragazze per bene che però vennero risucchiate dal blob. Ah già. Vennero risucchiate. Questo mi impressionò molto. Non che la trasformazione di un coglione non mi avesse stupito, sia chiaro. Solo che in passato mi ero trasformato in mezzo gabbiano, per cui Ça va sans dire. Questo blob si estese prendendosi le persone, prendendosi tutto. L'intero vagone era ora pieno di questa strana e malmostosa umanità, senza fine (di lucro, credo). Io e Franco scappammo negli altri vagoni, inseguiti da questo lento, inesorabile e prepotente blob sulla quarantina. Per fortuna il treno arrivò in Stazione Centrale. Io e Franco scendemmo, avevamo il fiatone, Cristo (o forse avevamo il Cristo). Guardammo la metro e non ci sembrava vero: stava diventando quel tizio. Davanti a noi c'era questo organismo umano/metropolitano ben vestito, accogliente, comodo, super veloce. Le ruote erano mani e braccia, i binari probabilmente la sua vita. Per un attimo questa scena assunse un valore metà forico e l'altra metà pure, ma lasciai perdere. Lasciammo perdere. Era già abbastanza quello che stava succedendo. Io e Franco guardammo la testa del convoglio: indossava dei bellissimi occhiali da sole e una mascherina da urlo. La metropolitana sbuffava, impaziente di ripartire. Vuota ma felice. Tutto era sparito, anche la logica, le leggi pratiche e la briscola chiamata (infatti io Franco non ci potemmo giocare mai più). La metropolitana ripartì, come ogni cosa dopo che ha raggiunto la fine. E, se ho imparato qualcosa, allora spero succederà anche a questa storia.

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