lunedì 8 giugno 2020

3) La volta che diventai un gabbiano.

Me la stavo chiacchierando amabilmente con Wilfredo, quando a un certo punto diventai un gabbiano. O meglio. La mia testa divenne quella di un gabbiano. Ero tutto bianco, piumato, occhi piccini e furbi e un bellissimo becco giallo lievemente uncinato. Così, con la barba, stavo comunque da Dio. Fu uno shock. Ma anche uno show (vidi la trasformazione in diretta durante la videochiamata). Di primo acchitto non seppi cosa fare. Wilfredo mi guardava, un po' preoccupato. Ma forse aveva paura che sarebbe successo anche a lui. Non accadde, sfortunatamente. Era rimasto uno struzzo, meno male.
Mi venne fame. Tanta fame. Ero istericamente affamato. Succede sempre quando ti ritrovi da solo, perché dopo quattro anni viene mandato via dal tuo branco. Non mi era davvero successa sta cosa eh, ma ormai ero un gabbiano e tanto valeva immedesimarsi nella cosa. Dovevo sfamarmi, ma prima mi venne voglia di andare a rompere i coglioni a qualche gruppo di anatre, ma lasciai perdere. Si erano trasferite da un pezzo. Mi calmai e andai al frigorifero ma sfortunatamente non c'erano né molluschi, né granchi. Strano (ragionando come un gabbiano). Poi, però, mi ricordai che potevano andarmi bene anche insetti e avanzi di cibo, se possibile in decomposizione. Aprii la spazzatura avidamente ma vanamente. Niente rifiuti e solo avverbi. Avevo già buttato tutto e maledissi la mia fatale e inopportuna precisione. Provai a cercare insetti ma, proprio quella mattina, avevo giusto giusto fatto disinfestare da scarafaggi, formiche, mosche, vermi, scarabei, mantidi religiose, api, vespe, coleottori, cavallette e zanzare il mio bellissimo tombino (ci avevo traslocato da una settimana, all'epoca mi ero trasformato in un topo di fogna. Anche allora successe durante una chiamata con Wilfredo. La cosa comincia a turbarmi).
Per fortuna, però, essere un gabbiano mi permetteva di mangiare quello che volevo. Potevo avere il gran cazzo che volevo, soprattutto ora che mi ero scoperto un bellissimo e fatale gabbiano gay. Dovevo andare a rimorchiare. Consultai le pagine bianche ma lo trovai Desueto, un locale ormai chiuso da tempo a causa di usanze di dieci anni prima, come a esempio consultare le pagine bianche. Allora navigai in internet. La ricerca di locali gay per volatili marini fu difficilissima ma, per fortuna, ne avevano aperto proprio uno da qualche giorno in zona Porto di Mare a Milano (esiste veramente ed è una zona così poco marittima che avrebbe sfigurato anche in fondo all'oceano).
Mi preparai di tutto punto e prima di uscire mi saziai con un'ottima costata di manzo alta 4 centimetri e pesante 1.4kg che mi era costata un occhio della testa, lo (de)testai dando un'occhiata al costato e non capendoci più una mazza uscii di casa. Solo che non avevo le ali, per cui dovetti usare la porta di casa con Profondo Rammarico, un tizio un po' frustrato che mi faceva da usciere al momento giusto.
Là fuori c'era un tempo da lupi: la cosa mi fece temere per la mia vita e lasciai allora nella mia cassetta della posta il mio cappuccetto rosso preferito. Pioveva che Dio la mandava e mandava che Oid la pioveva (dai, su!) e, dopo aver camminato per ore senza incrociare nessuno a parte il Signore, l'angelo della morte, il macellaio che mangiò il toro, che spense l'acqua, che bevve il fuoco, che picchiò il bastone, che bruciò il cane, che si mangiò il gatto, che morse il topo (non di fogna, per fortuna) che al mercato mio padre (confuso) comprò, raggiunsi il "Porco d'amare", il famoso locale gay per volatili marini in zona Porto di Mare a Milano. Guardai bene l'ingresso ma la fortuna mi aveva ormai abbandonato (a volte esagero, come un gabbiano): vidi un paio di gabbiani fumare fuori dal locale ma loro erano gabbiani interi/completi...veri. Io invece ero uno stupido uomo con la testa di gabbiano. Senza ali, senza coda e non mi facevano ridere i film di Adam Sandler (quasi cit.). Ero inutile, peggio di quando ero un topo di fogna (che almeno mi ero trovato un part-time al bowling).
Ripresi la strada di casa quando a un tratto qualcosa mi colpì la spalla. Era cacca, cacca umana. Alzai la testa e vidi la più bella gabbiana con testa di donna della mia vita. Mi salutò con l'ala e atterrò dolcemente sull'altra spalla (era intelligente la ragazza). Non ero più gay, ma non ci volle molto. Lo avevo deciso per un inconveniente narrativo, tutto qua. Passammo tutta la notte a ridere io e Marisa, e mi lasciò il suo numero di telefono: sembrava proprio una mostruosità per bene. Tornai a casa felice e trovai ancora Wilfredo in videochiamata, in attesa di risposte (non da me ma chi se ne frega). Gli diedi il buongiorno e lui risposte squittendo, come un vero amico. Ci demmo appuntamento per pranzo e vomitai qualcosa di buono.

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