lunedì 4 luglio 2011

Una mattina di ordinaria estraneazione in tre atti.

I
Mi alzo,
vado in bagno,
poi in cucina.

II
Non è la finestra,
dirupo sulla città fredda che testarda
non mi adotta
lasciandomi là
dove non sono e mai sarò.
Non è il caffè che bolle
pronto a ustionarmi
nonostante lo zucchero.
Non è la mosca,
volgare, familiare,
che si appoggia sulla mia fetta biscottata.
Non è la giornata,
giusta di nuvole e giusta di sole,
mai cupa, tranquilla
nel suo cullarsi in un cielo
che oggi mi appartiene.
Non è la televisione accesa,
e cartoni animati privi di cyborg
e colmi di inesattezze
dei disegnatori migliori.
Non è il dentifricio,
chiuso nel suo tubetto colorato
un po' noioso.
Non è l'orologio,
nemesi e spalla
che si fa sempre i cazzi propri
con le sue lancette
intrise di ordine
e di libertà.
Non è il posacere vuoto,
di lì a contraddirsi
nel suo vetro
che mi ammonisce ogni
volta che imbocco una sigaretta.
Non è il cellulare,
ancora spento,
così come il computer,
così come l'altro cellulare.

III
Bevo il caffè,
amaro,
mangio la fetta biscottata.
La mosca scappa dalla finestra,
la giornata è buona.
E' ancora presto,
accendo una sigaretta
e mi godo un po'
Paperino e Tom & Jerry.
Poi in bagno,
mi lavo i denti,
devo andare in città,
torno in camera,
accendo il cellulare,
il computer,
l'altro cellulare.

Guardo il letto.
Sfatto.
Nessun messaggio sui cellulari,
nessuna mail nel computer.

E' il letto sfatto.
Sei tu che non hai lasciato traccia.


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