lunedì 26 aprile 2010

Avril

Il turno sta per finire e mi prendo l'ultimo di un'infinita serie di caffè. Sono a pezzi e non vedo l'ora di tornare a casa da Aria e Matteo che saranno due giorni che non li vedo. Ne approfitto per accendere il cellulare che mi erige il rapporto delle ultime tre ore: dodici mail ricevute, sei sms e quattro chiamate perse di cui le ultime di Aria. La chiamo.
"Ehi dottore! Come stai?"
"Bene grazie. Tu?"
"Meglio perché ti sento. Chi ha vinto stanotte?"
"Io per due a uno"

"Sono contenta"
"Io potrei esserlo un po' di più"
Rimane in silenzio. Non è molto allenata a tenermi su il morale alle quattro e mezzo della mattina, soprattutto quelle volte che dimentico quanto sia dura anche per lei sopportarmi.
"Scusami. È comunque una vittoria"
"Quando torni? Mi manchi e il piccolo vuole farti vedere il suo ultimo disegno"
"Cosa ha disegnato?"
"Non posso dirtelo, gliel'ho promesso! Vuole farti una sorpresa"
"Dimmelo lo stesso, mi fingerò sorpreso"
Rimane in silenzio. La mia curiosità e la voglia di sconfiggere l'imprevedibile condite con una buona dose di stanchezza hanno tirato fuori il peggio di me.
"Scusami. Lo vedrò domani mattina. Tra poco stacco e tra un'oretta sono a casa. Ti trovo sveglia?"
"Non lo so. Al massimo mi svegli tu, ok?"
"Va bene" capisco che vuole interrompere la chiamata.
"Stanotte niente sesso vero?" proseguo.
"Hai previsto bene. Ti aspetto"
Mentre sorseggio questo surrogato di caffeina ripenso a questa ennesima folle nottata.
La morte.
Maledetta puttana.
Quanti me ne ha strappati in sala operatoria? Quanti me ne ha strappati dai lettini? Quanti me ne strappa ogni giorno senza che io possa fare qualcosa? Quanti me ne ha strappati in questi vent'anni?
La morte.
Il tabellino di stanotte riporta un due a uno per me: sono riuscito a salvarne un paio che erano più di là che di qua ma un altro mi è morto in sala operatoria a causa di un'emorragia cerebrale.
"Come sarebbe a dire "ti" è morto?"
"Non ci posso fare niente, nonostante lavori in questo ospedale da più di sedici anni non riesco ad essere freddo con nessuno dei miei pazienti. Ho una particolare predisposizione per quelli che hanno un piede nella fossa" le rispondo. Rispondo a chi?
"Scusi ma lei chi è?"
"Ti rispondo se prima mi dici tu chi sei"
Rimango sbigottito, anzi di pietra. Chiunque sia mi ha messo una soggezione tale che il sangue mi si gela ad ogni suo battito di palpebre e la cosa mi innervosisce perché, cazzo, sono primario e di solito sono io che metto soggezione agli altri. La cosa da fare sarebbe mandarlo fuori a calci nel culo, eppure gli rispondo, non riesco a capire il perché.
"Sono De Vitas il Primario del dipartimento di Chirurgia. Gli orari di visita sono terminati da un pezzo"
"Lo so. Ma non sono qua in visita. Andiamo a fumare una sigaretta?" mi chiede agitandomi un pacchetto davanti agli occhi.
Senza rispondere la seguo. Usciamo dal reparto di terapia intensiva ed eccoci sulla scala d'emergenza, dove l'unico panorama disponibile è quello del parcheggio e gli odori di sigarette spente e camici sudati mi riempiono il naso fino a quasi farmi venire il vomito.
"Come è andata oggi?"
"Ho visto giorni migliori"
"Ne vedrai ancora, tranquillo" mi dice mentre mi porge uno zippo.
"Grazie"
"Di niente. Però se non mi sbagli così male oggi non è andata. Avril si è svegliata"
La fisso spaventato. Avril è la paziente del letto 17 che si è svegliata poche ore fa dopo due anni e mezzo di coma, un miracolo a cui ho avuto la fortuna di assistere in prima persona. È una ragazza francese ed era in coma a causa di un incidente in macchina in cui però il suo ragazzo, Michael, aveva perso la vita. Erano in vacanza.
"Come fa a sapere che Avril..."
"Ammiro quello che fai. La passione e l'umanità che ci metti sono valori che mi commuovono"
Mio Dio... ho capito chi mi trovo di fronte.
"Sei la morte?" solo a chiederlo mi sento implodere ed intanto si è alzato il vento.
"No"
La risposta che non mi aspettavo. Sento una seconda implosione a livello dello stomaco.
"Capisco che la combatti ogni giorno, ogni ora, ogni minuto, ogni secondo, ma ne sei ossessionato caro Primario"
"Ci mancherebbe che non ne sia ossessionato!" urlo senza alcun motivo. Ma chi è?
"Tra poco ti dovrò lasciare, ma lascia che ti dica una cosa. Ciò che è più imprevedibile nella vita non è la morte, no. Sono le persone ad essere imprevedibili. È la vita di queste persone ad esserlo. Non la morte, no. L'imprevedibilità delle persone ti porta a fare quello che fai, ti spinge a dare tutto te stesso per farle stare meglio e di questo ti sono grata, sei uno dei miei angeli custodi. La morte è brutta, fa schifo, ma quando sopraggiunge è perché così doveva essere. Io sono meravigliosa proprio perché rendo le persone imprevedibili, non combattermi per piacere. Ti fai solo del male a combattermi. E ricorda che non esiste logica che regoli il bello e il brutto della vita. Eventi belli ed eventi brutti capitano, punto. Esistono domande che hanno risposte facili, domande che non hanno risposte, domande le cui risposte sono difficili da dare. Questo perché io sono imprevedibile. Perché le persone sono imprevedibili"
Il vento ha smesso di soffiare e solo ora mi accorgo che il parcheggio che vedo da qua è praticamente vuoto. Quando mi rigiro lei non c'è più.
La vita.
Mi suona il cercapersone.
"Avril"
Corro come un pazzo in terapia intensiva e l'infermiere mi ferma.
"Primario, la ragazza del lettino 17 ha chiesto di lei"
"Di me?"
"Sì"
"Ah. Come sta? Come sta reagendo?"
"Ottimamente. Un miracolo nel miracolo"
Vado da lei.
È bellissima.
Due occhi pieni di verde smeraldo più brillanti che mai.
Ripenso alla sigaretta che ho fumato.
Ripenso a chi me l'ha offerta.
La vita.
L'imprevedibilità.
Avril.
"Come stai Avril?" le chiedo.
"Strana... sì... direi strana..."
Sento il presagio di un brivido.
Avril sta per chiederlo.
"Dov'è Michael?"

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