sabato 5 gennaio 2013

Noir (futurista) #1. Finale.

Questo suona come un lungo addio
e succede tutti i santi giorni.

Ricordi sparsi nel web
più posaceneri che accendini
promesse infrante tra gli stessi vestiti da dieci anni e il solito disco in loop.
Quattro scatole
- davvero, piene di cosa? -
un cappello all'improvviso
e questo è tutto ciò che è stato.
Non è un trasloco: è che è finita.
Sottobraccio alla delusione si fuma l'ultima sigaretta
che tanto è il momento perfetto per ricominciare.
Gli scappa un sorriso,
non gli succedeva da almeno un paio di stagioni.
Si è già disperato abbastanza,
più o meno da quando cominciò.
Il gatto che non è più tornato è il suo tormento più soffocato.
Il reintegro in polizia quello più ipocrita.
Le donne che ha amato non le vedrà mai più.
Lo odiano.
Meglio così,
almeno vuole credere.
Quando spegne la luce
è come schiacciare il cane della rivoltella.
Almeno crede, visto che non lo ha mai fatto.

Click!
Bang!

Davvero è finita?
Basta con il minimo sindacale più le spese?
Basta con cornuti, mignotte e figli di puttana?
Basta con la speranza di appendere al muro qualche bastardo?
Basta acqua alla gola, conti da saldare, debitori e le provvidenziali annesse amnesie?

Che di diventare ricco non gliene era mai fregato un cazzo.

Si tira dietro la porta,
quasi la sradica, quasi se la mette sulle spalle.

E la città perde qualcosa di cui non gli era mai importato.
L'unico a farlo era lui.

E sono sicuro che dopodomani
qualcuno
passerà da quello studio
e si dovrà rassegnare
a mettere qualche bastardo al muro da solo.

Testa di cazzo.
Proprio dopodomani
quando ce l'hai avuto qui per almeno dieci anni?

Lui va via.
Vabbeh.
Anche se lo ho descritto
un po' alla lontana
confesso che mi ci ero già affezionato
Ciao!

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