venerdì 27 maggio 2011

Vedesi

Non rimane che non rimanere. Di ciò che è rimasto rimangono due mani che non si sono mai toccate.
Mani che nemmeno domani si dimeneranno. Domani non sarà da meno. Do mani che saranno di meno.
Di tuo non ho altro che niente, se non un nome e un cognome irraggiungibili solo a pronunciarli.
Posso passarmi, devo deviarmi. Tocco illusioni e taccio allusioni malcelando la mia voglia di toccar il cielo, mal cerando una candela che non si consumerà mai, che c'è e non sarà mai c'era.
C'è chi tocca il cielo con un dito. Sogno.
C'è chi tocca il gelo con un dato. Sono.
Io sono nel sogno del sonno. Senza senno lascio il segno immaginando il tuo seno.
Sito nella mia rete, mi collego a luoghi e climi prodotti dal tratto della mia testa. Attratto solo a tatto.
Catturato dal cosmetico più inebriante, il profano. Un po' seduto, posseduto e un po' sedato.
Mentirsi è così semplice. Perfino naturale. E' la promessa di smettere con la sigaretta in bocca.
Qui mentirsi. Là mentarsi. In un attimo il dettaglio prende valore, tutto si riduce al minuto, il primo verbo perde sostanza, tutto si riduce al secondo.
Sto suonando la chitarra scordata da qualcuno. E capisco quanto sia difficile andare d'accordo.
Stupido che sono. Come si può farlo quando la fantasia è così palese?
Vedo.
Quindi vado.

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