domenica 6 marzo 2011

La fine

La voglia di scoparti gli potrebbe essere passata. Ha raggiunto il suo scopo, rapirti e restiruirti senza lasciarti nulla, se non quello sperma che ti ha inquinato il corpo. Questa potrebbe essere la fine.
E mesi a piangere su una storia che andava avanti senza un perché, tirata avanti grazie a orgasmi multipli che solo uno così poteva darti.
Ho smesso di andare in chiesa.
Ho smesso con la terapia.
Ho cominciato a cominciare.
La spalla non me la guardo più. Forse per difesa, forse per attacco. Sicuro per paura. Dopo la doccia non mi giro per guardarmi la schiena allo specchio. Se non fosse per quello che ricorda sarebbe un tatuaggio davvero ammirevole. I tatuaggi sono cicatrici. Le cicatrici sono il segno di ricordi incancellabili.
Io non ho mai smesso di dimenticare.

So tutto. Tutto.
Non rubare la donna d'altri.
Non mi è successo altro che vedervi. Mano per mano. Mano sul culo. La città non è mai grande abbastanza per proteggersi dalla sfiga.
Questa potrebbe essere la fine.
Tu non hai mai capito un cazzo.
Il mio lavoro, la mia storia. Il tuo lavoro, la tua storia. I tatuaggi.
Quanto ho scopato fino adesso? Non abbastanza per sentirmi felice. Ho avuto donne che mi hanno donato il proprio corpo in ogni centimetro quadrato pur di avermi. Due alla volta, olandesi, bionde, sesso anale, luoghi pubblici, sul tavolo di casa dopo una cena, per rabbia, per noia, per vendetta, schiaffi sul culo, strangolamento durante, due strisce, quattro strisce, una spada, una bottiglia di ballantyne. Ogni scopata una cicatrice. Ogni eiaculazione una ferita, come se invece di disperdere sperma non perdessi altro che sangue.
Senza palle. Solo cuore.
Nel cassetto, il terzo, della scrivania c'è ancora tutto. Foto, lettere, foto, biglietti, cassette, rossetti, preservativi usati, bende, manette. Quante volte ho rischiato di aprire il cassetto sbagliato durante una riunione?
Una volta siete passati sotto il mio ufficio. Anche se sono al diciassettesimo piano ho abbastanza diottrie per riconoscere uno stronzo abbracciato alle tette dell'amore della mia vita.
Solo ieri la vice della società che si sta fondendo con la mia ha ingoiato un paio di volte pur di ottenere uno sconto del 3% sulle spese di commissione. Un po' di seme le è finito sulle lenti degli occhiali, un po' sulla gonna. Le macchie di sperma sono le più difficili da occultare. Ricordi? L'ho quasi soffocata contro il muro, lei in ginocchio, tette al vento, aria da emancipata del cazzo, labbra gonfie quasi da esplodere. E le ho imbrattato lo stomaco. Ha mandato tutto giù.
Mi ha promesso che sarebbe tornata.
Le ho giurato che le avrei comprato un'altra gonna.
Questa potrebbe essere la fine.
Per conservare il mio sperma basta un po' di carta igenica. Oppure un cesso. Non ho bisogno di un utero. O del buco di un culo. O di un paio di guance. O di capezzoli. O di uno stomaco.
Non ho più bisogno della psicologa. Non si cura il mal di vivere. Soprattutto quando la paura più grande è la morte. Soprattutto quando il terrore vero e proprio è la solitudine. Sono abbastanza intelligente per buttarmi merda da solo addosso, non ho bisogno di una che mi dice che fin da piccolo voglio fottermi mia madre e mia sorella. Soprattutto quando è vero.
Dei preti non ne parliamo. Domenica mattina a messa è come venire in faccia alla mia segretaria. Ipocrisia. Un paio di Ave Maria è tutto torna a posto? Un paio di Padre Nostro e mi sono riguadagnato il paradiso?
Perchè il cielo bisogna guadagnarselo a suon di preghiere e devozione mentre l'inferno basta meritarlo?
Come fa Dio ad amarmi e pretendere da me di non averne altri all'infuori di lui?
Gesù chiedeva di porgere l'altra guancia. Suo padre incendiò Sodoma e Gomorra e inondò il mondo con il diluvio. Una divergenza di vedute da non sottovalutare. Tra papà e figlio, mica tra due stronzi qualsiasi.
Un cazzo. Hai smesso di capire. Hai smesso di tatuarmi e hai cominciato a moltiplicare le cicatrici.
Un capriccio. Un illusione. Un orgasmo dietro l'altro, fino quasi a spruzzare, imbrattando lenzuola e le palle o le dita o la lingua di quel lurido figlio di puttana.
Convincersi di essere di qualcuno è diverso da esserlo.
Quel giorno, dal mio ufficio, avrei voluto potervi guardare attraverso il mirino di un fucile di precisione. La fine.
Ma.
Non uccidere.
Passi dalla parte del torto.
Perdi tutto.
Galera.
Sensi di colpa. Fallimento. Inferno.
Un migliaio di anni alla corte di Satana. Meritato. Forse per l'eternità.
E quello ti rifila un paio di calci nel culo per una troia qualsiasi, rimpinzandoti di paroloni e paroline sulle difficoltà della vita.

E al diciassettesimo piano di un palazzo del quartiere nuovo c'è un figlio di puttana che si sta guadagnando gli inferi giorno dopo giorno. Che ha sempre usato il preservativo.
Che ha amato ogni donna che glielo ha preso in bocca. Quando mi chiedono cosa significhi il tatuaggio che ho dietro la spalla che non mi guardo mai rispondo dicendo la verità: serve per non dimenticare ciò che non vorrei più ricordare. L'amore della mia vita. Quella che ora è a novanta sotto le sberle di uno che se l'ha rapita usando parole del cazzo, illudendola di essere la prima e l'unica dopo essersi chiavato metà della città con lo scopo di chiavarsi l'altra metà entro la morte. E l'intera nazione dopo la morte. E lui non crede in Dio. Lui, quando lascerà questa valle di lacrime, si immergerà in un immensa distesa nera di nero.
Anch'io lo farei, dopo averti infilato una mano nel culo e averti ricoperto di sperma la faccia, costringendoti poi ad ingoiare tutto.
Ma questa potrebbe essere la fine.
Si è stancato di scoparti. Ha bisogno di altri buchi da riempire. So tutto, tutto.
Diciassette piani non sono sufficienti per non cogliere come guardi il mondo mentre cammini verso chissà senza quel figlio di puttana che ti affonda la mano nel culo.
Diciassette piano sono sufficienti per gridare di gioia mentre vedo quello che affonda la lingua nella bocca di un'altra. Per l'ennesima volta. Quella definitiva.
Un ufficio nel grattacielo del quartiere nuovo non significa nulla. Solo solitudine. Solo donne che non fanno altro che aumentare la scarsa stima che nutro verso il genere femminile. Che non fanno che aprire ferite. Che credono di ingoiare sperma ma non fanno che riempirsi del mio sangue. Non ho orgasmi. Ho emorragie.
Ma questa potrebbe essere la fine.
Capito Dio?
Capito Satana?
Sto cominciando a cominciare. Devo smettere di dimenticare.
Da quassù ti vedo quando guardi verso la mia finestra. Un secondo. E i tuoi occhi tornano verso il niente.
Cosa meriti? Cosa ti sei guadagnata?
Ogni volta che alzi lo sguardo le tue mutandine devono inzupparsi. I capezzoli indurirsi quasi da far male.
E ora devi dimenticare il sapore del cazzo di quello. Non sei più l'unica, non lo sei mai stata. Ora c'è già un'altra che si sta assaporando le sue palle leccata dopo leccata. Meritando o guadagnando qualcosa.
Io ho amato tutte le donne che ho avuto.
Nessuna di loro mi hai mai amato.
Io ho odiato una sola persona. Come è successo a te.
Ti ricordi che sapore ha il mio cuore? Ti ricordi cosa ho disegnato dietro la mia spalla?
Questa è la fine.





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