domenica 17 ottobre 2010

Breakeven

- E se tutto questo, tutto, non fosse che uno sbaglio. Un orrendo errore?
- Quando è stata l'ultima volta che mi hai davvero guardato?

Ti passo a prendere come al solito, sotto casa, dopo aver passato ore a casa intorpidito dai pensieri. Ho bevuto solo acqua e là fuori la pioggia ha smesso di tormentare la città. La mia vita ha preso per mano la giornata e solo adesso, quando scenderai, capisco che il limite è stato disintegrato.
Scendi e la notte ti è amica. Io sono il nemico. Il peggiore dei nemici. La catena è rotta e non ci sarà nessun rumore in questo buio. Me ne andrò nel silenzio.
Non è vero. Mentire è facile. Ancor più semplice è mentire a se stessi.

- Ciao.
- Perchè?
Mi guardi. Dai tuoi occhi grandi come nuvole si alza l'angoscia. Non mi capisci. Tu, nel tuo vestito nero, sensuale come un assolo di sassofono, stai smettendo di conoscermi. Deve essere così.
- Perchè cosa?
- Perchè non smetti di non capire?

- A che ora?
- Intorno alle undici. Mi raccomando. Lui. Nessun altro.
- Non farmi incazzare.
- Non si sa mai.
- Mi conosci.
- Conoscevo anche altri.
- E?
- Sono costretto a dirtelo.

La verità punge, la verità è una rosa che non deve essere regalata. Devi crescerla nel tuo giardino, innaffiarla, guardarla, proteggerla, parlarle. Io sono il nemico. Ho contro il mondo. Marte, la Luna, la Galassia. Questo sono e questo sarò.
- Non dovrai più chiudere gli occhi.
La frangia ti copre l'occhio, il buio l'altro. Sei sul punto di piangere. Quando hai smesso di vivere?

- Che cosa fai?
- Lavoro.
- Dove?
- Fai prima a non chiedermelo.
- Per chi sono quelle rose?
- Non importa.
- Me ne daresti una?
- Non posso. Non meriti una rosa senza spine.
- Lascialo decidere a me.
- Fai una cosa. Scappa da me.
- Non sei l'unico a combattere da solo.
- Voglio che sia così.
- Dovresti sorridere un po' di più. Il tuo sorriso si intona coi tuoi occhi. Vuoi lasciarli soli, senza un complice?
- E se non avessi più voglia di sorridere?
- Un uomo con un mazzo di rose senza spine... mi basta per non crederti. Non è che non hai voglia. Non vuoi. Quelle rose sono senza spine perché così le hai volute.
- Ma tu cosa vuoi?
- Una di quelle rose. E baciarti.

- Un lavoro pulito.
- Quanto?
- Pulisci mai la cucina? Ecco, hai presente i fornelli? Prendi un paio di stracci e lo sgrassatore. Straccio, spruzzi, straccio e ti ci specchi, nessuna traccia del casino che hai combinato. Un lavoro da casalinga. Nessuno che possa lamentarsi.
- Nemmeno Dio?
- Nemmeno Satana.
- Corda o fucile?
- La collinetta del parco ha un ottimo panorama.

- Me la offri una sigaretta?
- Hai un accendino?
- La tua cicatrice sembra un serpente.
- Tocca piano.
- Combatti?
- Cosa?
- La notte, dico. Lividi e cicatrici sono il marchio del pericolo, della sorpresa. Per ogni centimetro di pelle che viene strappato l'anima aumenta di peso. Lo sento.
- Diciamo che combatto. Diciamo che ultimamente sono a dieta.
- Sai...
- Cosa?
- Credo di essermi innamorata di te.

L'amore è una malattia. Io non ho gli anticorpi adeguati. Sai, ho sempre creduto di non averne bisogno, che avrei vissuto sempre così, senza mai conoscerti. E cazzo, invece mi hai riempito di tatuaggi.
- Vado via.
- Perchè?
- Devo. Io sono un fantasma. Un fantasma non ha vita, oltrepassa i muri, senza lasciare ricordi. Un fantasma spaventa. Io sfioro la vita, la tocco appena senza annusarla, senza guardarla.
E le labbra. Rosse, piene, senza trucco. E le guance, scure come il sangue. E le mani, sottili come rametti. E gli occhi, vortici di un'anima senza tregua, in balia di un fantasma. Me.
Un giorno ti alzi e capisci che puoi vivere soltanto in un modo, che non esistono uscite d'emergenza, che i maniglioni anti panico sono guasti. Che puoi fumare senza che scatti qualche allarme anti incendio.
Che odi la vita. La odierai fino a che morirai. Vivere nell'ombra non sarà una costrizione ma un diritto legittimo. Non avrai più genitori e nemmeno amici.
Il destino ti investe anche quando hai il semaforo verde. Ti nascondi, ti rinchiudi, ma non serve, verrai stanato e travolto senza che tu possa pensare di riuscire a scappare.
E qua fuori nessuna macchina. Solo il silenzio della città che scricchiola ad ogni respiro, ad ogni nostro respiro, mentre i nostri occhi combattono e si massacrano, in attesa di un soffio, di una domanda, di un paio di risposte. Io sono uno spettro, il peggiore dei bastardi. Uno che ha regalato l'anima senza pensarci due volte. Tu puoi uccidere, mi hanno detto. Io posso uccidere, ho risposto.

E ora ti sto squartando, per l'ultima volta.

- Fai tu i piatti?
- Nessun problema.
- Mi raccomando i fornelli.
- Ce l'hai un altro straccio?
- Non te ne basta uno?
- Ce l'hai o non ce l'hai?
- Te lo vado a prendere.
- Posso chiederti una cosa?
- Lo sgrassatore è sotto il lavandino.
- Posso essermi innamorato di te?

- Quante?
- Cinque.
- Tutte rosse?
- Sì. Togli tutte le spine.
- Come sempre. Per chi sono?
- Non importa. Non importerà mai.

Stasera l'aria è circondata di spine, che ti graffiano il viso e le mani. Devi capirmi, altrimenti nulla avrà avuto senso. Posso asciugarti le lacrime, ma sarà l'ultima volta. Posso farti sorridere, ma sarà l'ultima volta. Posso amarti. Ti sto amando. Per l'ultima volta.
- Perchè?
- Smettila di chiederlo. Smettila di far finta di non conoscermi.
Sono un assassino. Io posso ucciderti, da un momento all'altro. Ti getto nel buio mentre stai facendo il bagno, con un proiettile. Posso soffocarti col nylon dopo che hai telefonato con tua moglie. Posso appenderti a una corda dopo che hai venduto la verità. Posso, posso, posso e posso. Solo chi sfiora la vita può capire quanto tu possa farne a meno, solo io posso odiarti così tanto. Solo chi odia se stesso può odiare gli altri.
Finora la mia vita è stata solo il riassunto di qualche dio minore. La sintesi senza trama di un'esistenza trascorsa galleggiando nell'aria del cielo. Ho smesso di essere figlio. Ho smesso di essere amico.
Devo smettere di essere amato e amare. Altrimenti tutto questo non avrò avuto senso. E quando sei un fantasma che passa lo straccio, spruzza e passa l'altro straccio, non puoi essere umano nemmeno in uno sguardo, nemmeno in un bacio.
- Io non posso esistere. E tu hai smesso di guardarmi da un pezzo.
Nessuna traccia di traffico, nessun cattivo ricordo. Nessun sogno. Sto per essere risucchiato nel mio vero universo parallelo. E devo lasciarti qui. Non posso permettermi il lusso di essere odiato da te. Altrimenti tutto questo non avrà avuto senso, devo solo tornare ad essere immaginato, ad essere illusione e delusione. Con te sono tornato ad essere denso, con l'anima che proiettava l'ombra di un qualcosa che stava riacquisendo l'umanità. Nessuna debolezza, nessuna bugia.
Devo tornare ad essere vetro.

- Finora non ho commesso che errori.
- Non sarei con te in questo letto.
- Sul serio. Però...
- Però?
- Tu sei qui, e...
- E?
- Dimmi? Sei un errore?

- Come l'ultima volta?
- Sì. Cinquanta subito e cinquanta dopo. Hai mai fatto a botte con una donna?
- Mai.
- Deve sembrare una rapina. Portati un coltello.

La prima volta che uccidi non è differente dalla seconda. La prima è uguale all'ultima e l'ultima è uguale alla prossima. Sei il vero cancro dell'evoluzione. Spezzi e smonti, distruggi e squarti. Sei condannato a non ridere eppure nascondi il sorriso e lo mostri allo specchio, ogni mattina, a ogni barba, a ogni deodorante. In quello specchio rimiri le macchie viola e gonfie che ti ha lasciato la tua vita.
Aspetti la prossima chiamata.
Aspetti il prossimo morto, il prossimo idiota che non merita più di vivere senza che tu sappia il perché. Quanto vale una vita?
Quanto vale la morte?
- Io non sono niente. Ti sarà facile cancellarmi.
- E se non volessi?
- Ti sarà facile. La vita ti investe anche quando ha il semaforo rosso. Di giorno. In centro.
- E se tutto questo, tutto, non fosse che uno sbaglio. Un orrendo errore?
- Quando è stata l'ultima volta che mi hai davvero guardato?
Lì, ferma come un fiore nel mezzogiorno del deserto, senza nuvole e senza acqua, solo me, fantasma di vetro che deve scappare. Quanto vale l'omicidio? Quanto costa proteggere?
- Io sono un errore, sono il virus del sistema.
Dalla tasca lo tiro fuori. Lei si ferma, si ghiaccia. Nulla è più potente della verità. Nulla. Lo guardiamo insieme.
Entro in macchina e ne esco con il mazzo rosso.
Il coltello, il mio complice. Tutte le spine saltano. L'ultimo regalo. L'ultima apparizione dello scherzo della vita, me.
Devo scappare, il mondo si sta restringendo, l'universo sta collassando nel nulla.
Butto il coltello nella pozzanghera putrida della piccola pioggia che sta crescendo con lo scorrere dei secondi.
Mi guarda. Finalmente mi guarda. Il mondo è un'enorme serra, dove le uscite di emergenza sono nascoste ovunque.

Ho trovato la chiave. Devo solo trovare la porta giusta.




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