venerdì 10 gennaio 2014

"Storia di una storia della settimana scorsa che non era ancora finita". Capitolo IX. Il Distacco.

Disclaimer: questo romanzo è scritto di getto e lo scrivo quando ne ho voglia. La storia, proprio per la sua natura casuale, attraversa generi e linguaggi diversi, senza alcuna pretesa di sensatezza. Non vi rimane che leggere e, quando/quanto possibile, divertirvi. Voster Guido Ingenito.
"Storia di una storia della settimana scorsa 
che non era ancora finita". 
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Capitolo IX. Il Distacco.

Era stata una vacanza piuttosto pacata, ma in quelle due settimane io e Ash riprendemmo le forze necessarie per proseguire questo romanzo. Arturo no, ma visto che non lo conosco chi cazzo se ne frega. Ash era particolarmente carico, come da tempo non lo vedevo, o meglio come mai non lo avevo visto. Io invece avevo una gran voglia di fare casino e cercavo una scusa buona per scatenarne uno ogni minuto, ma vista la mia fisicità pari a quella di un lenzuolo, optai per il caos nelle mie scritture. Ringalluzzito ne approfittai allora per bere un paio di birre, in fin dei conti mi piaceva l'alcool e sono un appassionato di azioni immotivate. Non tutto deve avere una spiegazione. E stavo optando per il caos nelle mie scritture. La cosa piacque molto anche ad Ash che ne approfittò per inventare una macchina che imboccasse solo strade senza senso. Ci riuscì, ma visto che quel gioco di parole l'avevo già utilizzato io in un capitolo precedente, ripose l'attrezzatura e voltò pagina.
Infine (perché in fin dei conti questa introduzione da qualche parte va a parare) quello che provai fu un sentimento: il distacco. Era però una taglia più grande, quindi ridimensionai tutto con una sensazione di allontanamento. Dovete sapere infatti che dopo quella vacanza e i nostri buoni propositi io ed Ash decidemmo di stare separati per un po'. Non fu proprio una scelta, più che altro un'esigenza (ma ce ne accorgemmo troppo tardi e non chiedetemi perché). Ritornai sui miei passi, quando niente era ciò che sembrava e tutto era ciò che fu: insomma, mi incasinai di nuovo la vita, peggio del solito. Ed ero perfettamente sobrio. Un dramma nel dramma. Con risvolti ridicoli, assurdi, grotteschi e pirotecnici.
Insomma: niente di nuovo.
Sta di fatto che in quella passeggiata che non vi ho mai accennato inciampai su qualcosa. Dopo un piccolo accenno di bestemmia verso una sorte piuttosto dispettosa (per la caduta mi sbucciai una banana - me l'ero vista frutta [cit. Luisenzaltro]) mi avvicinai all'oggetto che mi aveva fatto cadere. Non ci potevo credere.
Una rana congelata.
Una cazzo di rana congelata.
Sussurrai un "Minchia" e accorsero da non so dove decine di mitomani, decine di perditempo e decine di veri e propri imbecilli. Non ebbi tempo di dire "Ma che cazzo ci fate qua andate fuori dai coglioni e non cagate il cazzo a questa povera ranocchia" che subito si diffuse la leggenda della "rana innamorata che si congelò durante la ricerca della sua amata compagna". Provai a difendere la natura assolutamente istintiva di quella creatura, ribadendo quel vago concetto per il quale noi che cazzo ne sappiamo di cosa pensi una rana se non "CRA", ma non ci fu nulla da fare. Spuntarono dai cespugli scienziati con incredibili teorie provate sui tragitti che le rane compiono durante la stagione degli amori. Da pozzanghere inedite sbucarono bimbiminkia e bimbeminkia con cellulare in mano e hashtag bollente pronto per essere incollato a cose come "siamotuttirane", "lanaturaèincredibile", "iotirano", "lastoriadelprincipeazzurroèvera".
Insomma il solito cristo di macello per un qualcosa che finalmente andasse più in là del cazzo di sacchetto di plastica di American Beauty.
La rabbia crebbe. Così come la furia omicida. Però respirai. Volevo del distacco. Quella passione cieca per il destino della rana mi stava infilando negli stessi pantaloni impiastricciati di quella marmaglia infame. Me lo ripetei non so quante volte. Distacco. Distacco. Distacco.
C'ero vicino. Ce la stavo facendo. Per un attimo eccomi lì, a mezz'aria, senza parere alcuno, colmo della mia vita già abbastanza incasinata per ingolfarla con l'ennesima battaglia (persa in partenza) contro l'imbecillità. Ciò che stavo provando era vicino alla masturbazione notturna.
Ci pensò Ash a interrompere questo mio excursus. Irruppe sparando come uno scalmanato al cielo, quasi volesse colpire Angeli per arrivare a Dio. Subito il fuggi fuggi: tutti erano scappati. Ragionevolmente, come dargli torto. Ash ripose (poi la rispose ma questa è un'altra storia) la pistola e si piegò sulla rana. Io non sapevo che cosa fare (come ogni santa volta), ero inutile come mia zia a pasqua (è morta, non la pasqua, mia zia).
Ash alzò gli occhi su di me, sembrò che mi avesse alzato le mani. Mi disse: "Non so che distacco tu stia cercando. So però che non posso allontanarmi da te per un capitolo e guarda che macello ti combini".
Poi tornò sulla rana. La guardò come si guarda un amico a cui si sta staccando la spina dai macchinari.
La prese. La lanciò. Sbattendosene il cazzo.
"Questo è il mio distacco". Non disse coglione ma l'avevo comunque sentito.
"Prima di distaccarti devi imparare a non affezionarti, cazzo". Non sembrava lui. Forse era Arturo, ma invece no, era Ash. Folgorante come un cavallo selvaggio furioso in una terra selvaggia (questa mi è uscita un po' gay). "Non alle rane. Alle tue idee".
Ed eccomi lì, il piccolo schiaffetto di fronte al fratello ceffone.
Tornammo a casa. Prima però volsi un ultimo sguardo verso un punto qualsiasi dell'orizzonte. Forse Ash aveva ricongiunto la rana congelata alla sua compagna. Più probabilmente Ash era solo un pazzo furioso di cui però non riuscivo più a fare meno.

         

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