lunedì 30 gennaio 2012

U2, Sunday Bloody Sunday (War, 1983) - Traduzione

Son passati esattamente 40 anni da quando, a Derry (Irlanda del Nord), nel pieno della guerriglia tra unionist e nationalist, l'esercito inglese (1° Battaglione Reggimento Paracadutisti) fece fuoco sotto gli occhi del mondo e della stampa su un corteo per i diritti civili uccidendo 13 persone e ferendone altre 13 (una morì quattro mesi dopo in conseguenza alle ferite riportate), tutte disarmate, come del resto la quasi totalità dei partecipanti alla manifestazione.
Come non fosse bastata la prima Domenica di sangue (21 novembre 1920), l'Irlanda del Nord diventa di nuovo teatro di drammatici eventi, cosa che poi si ripeterà l'8 novembre del 1987.
Trent'anni fa, da un palco di Belfast, durante il pre-tour del nuovo album War (1983), Bono Vox urla al pubblico che lui e gli U2 stanno per cantare una nuova canzone e che se al pubblico non piacerà non la ripeteranno mai più.
Il gruppo irlandese esegue Sunday Bloody Sunday, canzone piena di rabbia contro quello che accadde dieci anni prima e contro qualsiasi forma di violenza (Bono negli anni a seguire introdurrà il pezzo definendolo una "no-rebel song", a rimarcare che l'orrore provato è lo stesso di fronte a qualsiasi fonte di violenza).
(...) era una canzone di protesta: non contro uno specifico atto di violenza ma contro un ciclo di violenza in cui tutti i protagonisti del conflitto nordirlandese parevano imprigionati. (Niall Stokes, U2. Dentro al cuore. La storia canzone per canzone,  2002)
La reazione è, neanche a dirlo, calorosa e positiva. Di lì in poi diventa un vero e proprio inno da stadio (a volte sul palco viene sventolata una simbolica bandiera bianca), annoverabile tra le gemme del panorama rock mondiale.

Il violino elettrico è suonato da Steve Wickham, che un giorno dell'82 incrociò The Edge alla fermata dell'autobus e gli chiese se gli U2 avessero bisogno delle sue abilità per qualche pezzo del loro nuovo album: proprio in quei giorni il chitarrista stava scrivendo il rif e le prime parole di Sunday Bloody Sunday. Se consideriamo anche il suono e il ritmo della batteria, un po' da marcetta, è lo stesso Bono ad affermare che
"Effettivamente inizia come brano folk e finisce come una di quelle canzoni da Esercito della Salvezza." (Ibidem)
In origine il testo della canzone doveva avere un diverso intro.
Adam (Clayton, n.d.a.) ricorda che il pezzo originale era molto più caustico, con un verso iniziale che (...) sarebbe rimasto appeso al collo degli U2 per anni: "Non parlatemi dei diritti dell'IRA". Ma prevalse il buonsenso: "Il punto di vista divenne umano e assolutamente non settario" riflette Adam. "L'unica posizione responsabile possibile". (Ibidem)
Bando alle ciance, questa la traduzione della canzone.
Buona lettura.

venerdì 27 gennaio 2012

Francesco Guccini, Auschwitz (Folk Beat N.1, 1967, già 1964) - Testo

Scritta nel novembre 1964 dopo aver ascoltato The Freewheelin' Bob Dylan (Bob Dylan, 1963) [...fu uno sconvolgimento senza precedenti, sia formale che culturale... - Massimo Cotto, Un altro giorno è andato: Francesco Guccini si racconta, 1999, p.59], La canzone del bambino nel vento, Auschwitz è una delle canzoni più famose di Guccini. Tra le poche nel panorama italiana di un certo spessore semantico ed evocativo a raccontare dell'Olocausto, è tuttavia nelle intenzioni del cantante un manifesto (all'epoca in pieno rock contestante) estendibile alle guerre e alle atrocità connesse in generale.
[...] Guccini non si limita alla condanna del nazismo ma allarga la sua condanna a ogni guerra e allude probabilmente al dramma della guerra in Vietnam, allora in corso. [...] (Paolo Jachia, Francesco Guccini. 40 anni di storie, romanzi, canzoni, 2002, p. 25)
A volerci far caso, possiamo notare una somiglianza metaforica con Blowin' in the wind (dall'album sopracitato):

[...] In Blowing in the Wind, ad esempio, Dylan dice "e quante volte debbono volare le palle di cannone, prima di essere proibite per sempre...e quanti morti ci vorranno prima che lui sappia che troppi sono morti" e giunge alla conclusione che "la risposta soffia nel vento". Guccini gli fa eco, nella canzone Auschwitz, chiedendosi "come può un uomo uccidere un suo fratello" e ancora "quando sarà che l'uomo potrà imparare a vivere senza ammazzare" e torna all'immagine del cannone che tuonando "ancora ci porta il vento". Anche
in questo caso la risposta si trova nel vento che custodisce con sé il "bambino passato per il camino, il fumo" che sale "lento" verso il cielo, la "polvere di milioni" di persone che sono state uccise. A differenza di Dylan però, che conclude soltanto suggerendo il luogo in cui si trova la risposta ad ogni domanda, Guccini non solo si chiede "quando sarà", ma anche spiega che solo allora "il vento si poserà". [...] (Federica Pegorin, Francesco Guccini, Cantore di vita, 2006, p. 128)
Forse non tutti sanno che La canzone del bambino nel vento, Auschwitz, dopo una battaglia legale di oltre trent'anni, è rientrata in pieno possesso di Francesco Guccini solo nel 1998. Una battaglia che ha visto scontrarsi da una parte i legali de l'Equipe 84 e dall'altra quelli del cantautore di Modena, il quale, non essendosi all'epoca ancora iscritto alla SIAE (il noto gruppo di vampiri), non poté fermare alcune canzoni che scrisse per la band beat-rock italiana all'inizio della loro carriera. Tra queste, appunto, Auschwitz (il titolo, in origine, si limitava a questo, e apparve su Io ho in mente te, secondo LP della band di Modena, 1966), che fino alla fine del contenzioso risultava scritta da Maurizio Vandelli e da un certo Lunero (pseudonimo per l'occasione di Iller Pattacini), due componenti della prima formazione de l'Equipe 84. Della canzone, tuttavia, che apparve nel primo disco di Francesco Folk Beat n.1, 1967, Guccini aveva già rivendicato la paternità durante una puntata di Diamoci del tu del maggio del 1967 (http://www.youtube.com/watch?v=DERu9RCvFo0), invitato per la prima volta da Caterina Caselli e Giorgio Gaber.

Bando alle ciance, questo il testo.
Buona lettura.

Primo Levi, Se questo è un uomo


Se questo è un uomo.

domenica 22 gennaio 2012

Rino Gaetano, Ma il cielo è sempre più blu (1975) - Testo.

Scritta e pubblicata nel 1975 Ma il cielo è sempre più blu è una delle canzoni più belle e famose di Rino Gaetano, irriverente Artista (doverosa la A maiuscola) di Crotone ma romano d'adozione che con le sue canzoni divertenti e profonde, buffe e intonate, ha lasciato il segno nella storia della canzone d'autore italiana.
Personaggio istrionico, mai controverso ma semplicemente Vero, Rino è speciale e unico perché è riuscito dove pochi altri riescono: farsi rimpiangere anche da chi non l'ha mai conosciuto. La sua voce e il suo carisma sono sopravvissuti a quel maledetto incidente che ce l'hanno portato via il 2 giugno 1981 a soli trent'anni.

Ma il cielo è sempre più blu è la canzone che lo lancia, dopo un primo album Ingresso Libero (1974) passato in sordina, verso il meritato successo.

Allego quindi il testo, quello originale, quello di 8 minuti e 43 secondi. Infatti il singolo, che venne venduto in oltre 100.000 copie, venne diviso in due parti, una per lato. Rino si rivolge a varie categorie sociali, da chi gioca con i milioni, a chi ascolta Baglioni, perfino a chi rompe i coglioni (in origine verso censurato). Il talento e la sensibilità gli permettono di non essere mai banale, in compenso provocatorio ma mai volgare. E in questa specie di circo sociale che vive e lo circonda, si innalza il ritornello che un po' tutti conosciamo e che un po' tutti ci diciamo quando alziamo il naso al cielo quando ne sentiamo il bisogno.

Chiudo con la retorica. Però necessaria. Uno come Rino ci manca.
Buona lettura.

giovedì 19 gennaio 2012

Riflessione sullo stalking goliardico occasionale di gruppo. Quando le coppie si mettono a nudo e non se ne capisce il motivo.

Il seguente post-riflessione non lo possono leggere:
- Scambisti.
- Esibizionisti convinti.
- Falsi moralisti.
- Gente equivocante per vocazione.
- Appassionati di reality e affini.
- Leghisti.
- Berlusconiani.
- Fascisti.
- Vittorio Sgarbi.
- Chi vota Scilipoti.
- Gente che non solo non condivide (che ci può stare), che non solo non capisce il mio tono sì serio ma comunque spensierato e ironico (e vabbè può succedere), ma poi mi viene anche a rompere i coglioni dandomi del bigotto, sessista, buonista, e/oppure "tipo all'antica" (questa è la migliore).

lunedì 16 gennaio 2012

Indagine su due cittadini al di sotto di ogni sospetto. Una storia verosimile. Seconda parte di un racconto sperimentaloide.


(PRIMO GIORNO)
SECONDO GIORNO

Fuori non è nemmeno l'alba ma di dormire neanche l'ombra.
Mi alzo, vado al cesso, sbrigo un po' di cose. Nessun messaggio sul cellulare, nessuna mail in posta. Infilo la tuta, il parco è qua vicino. Mezzo litro di succo di frutta, un po' di pane e cioccolato e vado.
Chi mi dice che magari non becco qualcuno per fare qualche domanda?


  • Angelo, salutista, 27 anni che sembrano 30. Disoccupato.

- Da quando ho perso il lavoro, sei mesi fa, vengo a correre ogni mattina. Facevo il meccanico, nell'officina dell'Amleto. Poi però il poveretto ha avuto in infarto, solo settant'anni. Io ho provato a mandarla avanti per un po', poi però i debiti erano troppi, mica me n'ero accorto subito. Porcaccia. Adesso sono 6 mesi che sono a casa, un inferno, guardi. Non è che per caso da voi cercano qualcuno? Imparo in fretta.


In mezzora è l'unico che incontro. Sono abbastanza sudato e fresco per andare a casa, lavarmi, farmi una pennichella di un paio di settimane e tornarmene a casa e fanculo a questa indagine.

sabato 14 gennaio 2012

Greenday, Good Riddance (Time of Your Life) (Nimrod, 1997) - Traduzione

Scritta nel 1994 ma pubblicata solo nel 1997 (Nimrod), Good Riddance è la ballad più famosa dei Green Day (forse degli interi anni '90), ancora oggi citata tra le loro migliori composizioni (per contenuti e forma).
Ciò che se ne ricava è un invito alla persona con cui si è appena concluso un rapporto (in questo caso d'amore) a godersi i momenti migliori della propria vita, quelli passati e quelli futuri, attraverso "ricordi da tatuarsi" ed eventuali difficoltà, come "i bivi", che si possono incrociare durante la propria vita.

Sull'interpretazione non c'è molto da scrivere. Il testo è forte e chiaro. Le parole sono ben misurate e nel complesso esaltano senza alcun difetto il messaggio di fondo della canzone, supportate come sono dalla chitarra acustica di Billie Joe Armstrong e gli archi presenti dal primo ritornello in poi.

Se però c'è un punto su cui molti ancora dibattono a proposito di questa canzone è l'origine.
Di leggende se ne susseguono ancora oggi (l'unico consiglio che mi sento di dare è di lasciar perdere quella dell'addio a un amico morto suicida) per cui tanto vale affidarsi alle parole dello stesso autore, prese da un'intervista a Guitar Legends nel maggio del 2005:
At the time I wrote 'Good Riddance', I was breaking up with a girl that was moving to Ecuador, and I was trying to be as understanding about it as I could. I wrote the song as kind of a bon voyage. I was trying not to be bitter, but I think it came out a little bit bitter anyway... I thought that calling the song "Time of Your Life" was just a little too level-headed for me, so I had to come up with something different.
Nonostante la natura della canzone, per il forte valore sentimentale espresso è tuttora citata per ricordare i bei momenti passati insieme, magari alla fine della scuola, oppure alla fine dell'università, o come semplice augurio a  una persona a cui si tiene particolarmente.

Curiosità sulla versione dell'album. Quello che si sente dopo il primo accenno di chitarra è proprio un "Fuck". Infatti Billie Joe prova una prima volta a suonare, sbaglia, ci riprova, sbaglia di nuovo, quindi gli scappa un fanculo un po' rabbioso e un po' d'incitamento. Di lì in poi parte la canzone.

Bando alle ciance, questa la traduzione.

mercoledì 11 gennaio 2012

Toccata e fuga. La masturbazione ai tempi dell'amore.

Immagine di Misconception Photography.
http://www.flickr.com/photos/alyzam6/4862005604/

Stop.

Rewind.
Slow motion.
Pause.
Play.
Slow motion.
Replay.
Replay.
Pause.

Indurimento.

Alzarsi.
Cucina.
Frigorifero.
Birra.
Ancora una.

Tornare in soggiorno.

Comprare i biglietti?
Partire domani stesso?

Sedersi.
Rimanere immobili.
Bere.
Bere.
Bere.
Fumare.

lunedì 9 gennaio 2012

Beck, Loser (Mellow Gold, 1994) - Traduzione

Pubblicata nel 1994 nell'album Mellow Gold, Loser è una delle canzoni più famose di Beck sul cui significato ancora oggi molti tentano di orientarsi.
A respingere qualsivoglia ricercatezza di senso è lo stesso Beck che in molte interviste ammette candidamente che il pezzo non è altro che il frutto di un gioco, un'improvvisazione, la prova malriuscita di rappare come mostri sacri del genere come Chuck D dei Public Enemy's. Il "loser" della canzone è infatti lui stesso che durante i tentativi si accorge quanto "faccia schifo" a tessere un rap degno di nota invitando quindi scherzosamente l'interlocutore a farlo fuori.

Venne registrata in sei ore e mezza (e un paio di piccoli sessioni nel giro di pochi mesi) a casa di Carl Stephenson (produttore presso la Rap-A-Lot Records), a cui Beck era stato presentato da Tom Rothrock (produttore dell'etichetta Bong Load). Fu proprio Stephenson a spronare la produzione del pezzo, catturato da quel rap ridicolo ma comunque accattivante per via della sua natura non-sense e surreale, il cui culmine era quel ritornello tanto improvvisato quanto azzeccato.

Annoverato nel genere delta-blues/rap, la canzone si distingue per le chitarre, il sitar (di Stephenson) e la linea di batteria, campionamento di quella ascoltabile nella cover version di "I Walk on Gilded Splinters" (Dr John, Gris-Gris, 1969) composta da Johnny Jenkins (1970).

Le parole che si sentono sul finire della canzone (Sono il pilota/sono il vincitore/le cose stanno per cambiare/lo posso sentire), in mezzo agli ultimi ritornelli, sono dei riferimenti al film Kill the Moonlight, film indipendente del 1994 di Steve Hanft, regista di cui Beck è gran amico che infatti gira lo psichedelico video di Loser e altri dopo.

In origine (1993) il pezzo venne pubblicato come singolo in 500 copie (praticamente zero nell'immenso oceano del mercato della musica). Ma grazie alle radio dei college di Los Angeles che cominciarono a trasmettere la canzone continuamente, venne prima trasmesso da KROQ-FM (radio modern-rock) e poi sull'onda delle richieste arrivate anche dall'altra parte degli Stati Uniti, New York, velocemente ristampato e poi incluso nell'album Mellow Gold. Da qui il successo mondiale, ancora oggi echeggiante.

Bando alle ciance. Questa la traduzione. Nella stessa troverete un paio di miei appunti (tra parentesi e di corsivo) e un po' di link che spero vi aiuteranno a capire meglio il senso di alcune traduzioni.
In fondo trovate il video.
In caso di errori non mancate di farmelo sapere.

sabato 7 gennaio 2012

Indagine su due cittadini al di sotto di ogni sospetto. Una storia verosimile. Prima parte di un racconto sperimentaloide.



PRIMO GIORNO

Bruno, il panettiere che sta all'angolo.
- Non saprei dirle. I ragazzi che fanno il turno del mattino me ne hanno accennato ogni tanto, ma in fin dei conti a me non frega chissà cosa. E poi son troppo preso dalle mie cose per badare a due tizi che continuano a rincorrersi. Ho un negozio da mandare avanti, un mutuo, una ex moglie e le rate della macchina. Figuriamoci se ho il tempo per stargli dietro. Guarda qua, michette appena sfornate. Senti che profumo.

Sandra, la sciura settantenne sempre in pelliccia.
- Non se ne può più. E poi secondo me son dei drogati. Sì. Ormai questi giovani non pensano altro che a drogarsi. Si trovassero un lavoro, dico io. I nipoti di mia sorella, quelli sì che hanno la testa sulle spalle. Uno è negli Stati Uniti, fa delle cose strane, difficilissime, con i computer. L'altro ha aperto un bar su in montagna. A questi qui che girano da queste parti un calcio in culo gli darei, sì.

Francis Ford Coppola, Apocalypse Now (1979) - Monologo del Colonnello Kurtz sull'orrore.

Apocalypse Now (1979) di Francis Ford Coppola rientra a pieno titolo nella lista di quei film che hanno lasciato il segno non solo nel cinema ma anche nell'immaginario collettivo.
Quella che molti ignorano è la storia dietro alla produzione del film, durata un anno e mezzo nelle Filippine, che vide staff e attori vivere una sorta di Odissea tra tifoni che spazzarono set da 300.000 dollari e i tentati suicidi del regista sull'orlo della depressione per il terrore di non poter finire la sua opera. Non solo. L'arrivo di Marlon Brando ubriaco e sovrappeso di quaranta chili, l'infarto di Martin Sheen che rallentò le riprese, le continue dispute col governo del Dittatore Marcos sono solo alcune delle difficoltà incontrate durante la produzione (budget speso 30 milioni di dollari a fronte dei previsti 12-15).
Quasi tutto è stato narrato nel documentario del 1990 "Hearts of Darkness: A Filmmaker's Apocalypse" (in italiano "Viaggio all'inferno"), prodotto dalla moglie di Coppola, Eleanor Jessie Neil.

Di questo film vi riporto il famoso monologo del Colonnello Kurtz.
Il suddetto monologo non è rintracciabile nella sceneggiatura del film perché è frutto dell'improvvisazione di Marlon Brando che sì si basò grossomodo sul copione originale, ma che infine optò (in accordo dopo diverse e a volte accese discussioni con Coppola - si dice che i due si ritirarono durante le riprese per almeno venti giorni su una barca per studiare le battute e il personaggio di Kurtz) per il proprio estro e il proprio talento. Ne uscì uno dei monologhi più famosi del cinema moderno, sull'orrore nella sua dimensione più spietata e vera, quello che a detta di Kurtz trasforma "i mostri in uomini".
Di seguito quindi la trascrizione in originale del monologo, la sua traduzione. Qui il link (http://www.rapidspread.com/file.jsp?id=nzqmqsv8r7) da cui scaricare in PDF la sceneggiatura del 1975 di Apocalypse Now (avvertimento: difficilmente troverete corrispondenza tra ciò che avete visto e quello che leggerete, vista la quantità di volte che Coppola ha messo mano alla sceneggiatura durante le riprese) e in fondo un video estratto dal film. Il doppiaggio non è quello originale di Sergio Fantoni  ma di Ennio Coltorti, effettuato in occasione della produzione di Apocalypse Now Redux, risalente al 2001.

giovedì 5 gennaio 2012

Nine Inch Nails, Hurt (The Downward Spiral, 1994) - Traduzione

Ripresa in maniera maestosa da Johnny Cash (inclusa nell'album American IV: The Man Comes Around, 2002), Hurt è la canzone che chiude The Downward Spiral, concept album (1994) sull'assoggettamento dell'individuo al sistema che lanciò Trent Reznor e i suoi Nine Inch Nails nel mito dell'industrial e alternative metal (a detti di molti è l'album capolavoro della band di Cleveland). Il brano è costituito dalle ultime parole del protagonista dell'album dopo il suicidio commesso nella precedente canzone (The Downward Spiral). Ciò che se ne ricava, oltre a una riflessione sulla differenza tra la società e l'auto infliggersi sofferenza, è l'amara constatazione di un niente totale, quasi echeggiante il dolore e la solitudine provati durante la propria vita intrisa di nichilismo e sottomissione.

Come detto all'inizio Johnny Cash ha "coverizzato" Hurt facendone una versione (la più famosa dopo quella di David Bowie) ancora più struggente, grazie alla sua chitarra e alla sua voce profonda, accompagnata da un video altrettanto triste velato di nostalgia in cui possiamo veder scorrere immagini della sua vita e dell'amatissima moglie, June Carter. American IV: The Man Comes Around è l'ultimo album di Cash che, nato il 26 febbraio 1932, muore il 12 settembre 2003, a distanza di pochi mesi (15 maggio 2003) dalla morte dell'amatissima moglie (nata il 23 giugno 1929).

Bando alle ciance questa la traduzione.
In fondo, come sempre, i video.

mercoledì 4 gennaio 2012

Bruce Springsteen - Streets Of Philadelphia (Philadelphia Soundtrack, 1993) - Traduzione

Streets of Philadelphia è la colonna sonora di Philadelphia, film diretto da Jonathan Demme (1993) con protagonisti Tom Hanks (premio Oscar per la miglior interpretazione da attore protagonista, evento che si ripeterà l'anno dopo grazie a Forrest Gump) e Denzel Washington. Fu proprio il regista che contattò Springsteen, che scrisse la canzone alla fine del suo Other Band Tour, il cui video fu proprio girato dallo stesso Demme.
Batteria e sintetizzatore, poi intervengono dei piccoli cori sempre di Bruce, bastano e avanzano per una canzone che funziona da perfetta cerniera a un film a cui sono particolarmente affezionato, di cui si può sentire vicino e in lontananza il tema, l'AIDS.
Il video della canzone ritrae Bruce camminare per le strade di Philadelphia, appunto, che comincia la sua passeggiata in una desolata e malridotta periferia fino ad arrivare, di sera, sulla riva del Delaware, con il Benjamin Franklin Bridge sullo sfondo.
Curiosità: la traccia vocale del video è stata registrata live mediante un piccolo microfono nascosto nella giacca di Bruce Sprigsteen, che di comune accordo con Demme, ha voluto evitare qualsiasi falsa sincronizzazione labbra-musica.
Oscar alla miglior colonna sonora nel 1993.
In fondo al testo trovate il video.
Bando alle ciance, questo il testo tradotto.